lunedì 12 luglio 2010

*CACAO, CIOCCOLATO, **S A L U T E**: TUTTI GLI STUDI IN MERITO!*


§>>>DUE DIVINITA'AZTECHE CONSUMANO CIOCCOLATO<<<§

§>>>SCULTURA AZTECA CON IN MANO UN FRUTTO DI CACAO<<<§

§>>> FRUTTI DELL'ALBERO DI CACAO <<<§

*CACAO, CIOCCOLATO,**S A L U T E**: TUTTI GLI STUDI IN MERITO!*


Il cioccolato fa bene al cervello e al cuore
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By Cristina Bassi - Posted on 28 maggio 2010
Dei ricercatori hanno scoperto che la EPICATECHINA, una componente del cioccolato nero, può proteggere il cervello dopo un ictus, aumentando i segnali cellulari che proteggono le cellule nervose dal danno. Si tratta di una una molecola antiossidante già più volte chiamata in causa in numerosi studi sulla cioccolata, ma anche su bevande che ne sono ricche quali il tè verde, tè, vino rosso o certe verdure e frutti -ndr-.
Gli ictus si verificano quando l'apporto di sangue al cervello si blocca o si riduce. Questo fa si che il cervello venga privato dell'ossigeno e nutrimenti necessari, cosa che in pochi minuti genera morte alle cellule cerebrali . Il cacao ricco di antiossidanti, in alcune tribù come i Kuna , viene consumato da oltre 2600 anni. Questa popolazione consuma regolarmente bevande di cacao e annovera livelli molto bassi di disturbi cardiovascolari grazie a questo cibo benefico per la salute del cuore.
Il dr Sylvain Doré, autore della ricerca, afferma: "L'epicatechina in sé potrebbe non essere l'elemento che fa da scudo alle cellule cerebrali proteggendole direttamente dal danno dei radicali liberi, piuttosto questa sostanza e i suoi metaboliti (= sostanze che prendono parte alle reazioni chimiche che avvengono nell'organismo oppure che derivano da esse, ndr) possono far si che le cellule difendano se stesse.
Secondo Dorè anche una piccola quantità di cacao può essere sufficiente per mietere questi benefici protettivi per la salute.
Mentre tutti i flavonoidi sono antiossidanti, alcuni hanno proprietà antiossidanti più forti di altri, in funzione della loro struttura chimica. La polvere di cacao puro è altamente quotata in termini di proprietà antiossidanti e conseguentemente di benefici per la salute.
Per esempio, una ricerca presentata nel 2003 dal Journal of Agricultural and Food Chemistry, evidenziò che una tazza di cioccolata calda (intesa come pura polvere di cacao) aveva quasi una quantità doppia di antiossidanti rispetto ad un bicchiere di vino rosso e più del doppio di quella del tè verde e 4-5 volte di più del tè nero.
Si è notato che il cioccolato nero puro ha un impatto positivo sulla salute come ad esempio su:
- il metabolismo del glucosio
- la pressione arteriosa
- il sistema cardiovascolare
Il dr Dorè prosegue dicendo che: “l'epicatechina trovata nel cioccolato nero è estremamente sensibile ai cambiamenti di calore e di luce. Nella procedura di produzione del cioccolato, dovete accertarvi di non distruggerlo. Solo alcuni cioccolati hanno l'ingrediente attivo”.
Questo significa che il cioccolato che offre i maggiori benefici di salute è quello che pochi gradiscono al palato, perché NON è dolce, ma amaro.
Il cioccolato al latte, quindi, ha una tasso bassissimo di beneficio, perché subisce un forte trattamento. Il tipico cioccolato commerciale ha la metà dei suoi flavonoidi, dopo la lavorazione.
Secondo il succitato Journal of Agricultural and Food Chemistry, in termini di contenuti di antiossidanti, la polvere di cacao è seguita da:
• cioccolato amaro per dolci
• cioccolato nero
• chips di cioccolato semi amaro
• cioccolato al latte
Dunque se siete tentati dal cioccolato al latte, semplicemente perché è abitudine averlo sulla lista della spesa... non compratelo! In aggiunta al basso tasso di antiossidanti, il cioccolato al latte contiene appunto latte che annulla gli effetti antiossidanti del cioccolato e che è spesso carico di zucchero, che fa maggior danno al sistema cardiovascolare.
In ultimo un altro dettaglio che sfugge spesso in merito al cioccolato mediamente in commercio : il suo contenuto di piombo. Delle ricerche hanno evidenziato che il cioccolato commerciale può esserne contaminato con una quantità piuttosto alta. Al momento non si conosce se questa contaminazione derivi dal trasporto (marittimo) o dal processo di lavorazione.
Autore: dottor Mercola / Traduzione e sintesi a cura di: Cristina Bassi / Fonte originale: articles.mercola.com / Fonte: saluteolistica.blogspot.com

Una manciata di pistacchi al giorno per diminuire il colesterolo
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By Edoardo Capuano - Posted on 24 maggio 2010
I pistacchi sono più che della semplice frutta secca. Se se ne mangia una bella manciata al giorno si può diminuire il colesterolo cattivo, si allontanano le malattie cardiache e si previene il cancro.
Ne è convinto un gruppo di ricercatori della Pennsylvania State University dopo aver letto i risultati di uno studio riportato sulla rivista Journal of Nutrition.
I pistacchi sono ricchi di antiossidanti e proteggono le cellule dai radicali liberi. In particolare, i ricercatori hanno trovato che nei pistacchi ci sono elevati livelli di 'luteina', principale antiossidante alimentare, beta-carotene e gamma-tocoferolo. Il beta-carotene si trasforma in vitamina A, prevenendo il cancro, e il gamma-tocoferolo è una comune forma di vitamina E che allontana le malattie cardiache. La luteina invece si trova nelle verdure ed è importante per la vista e per la pelle.
I ricercatori sono convinti che questi antiossidanti impediscano al colesterolo di intaccare le pareti dei vasi sanguigni causando infiammazioni. Quando infatti hanno testato gli effetti benefici dei pistacchi, gli scienziati hanno scoperto che i volontari che hanno partecipato alla ricerca avevano un livello di antiossidanti nel loro sangue molto elevato e concentrazioni di colesterolo basse.
Fonte: salute.agi.it
Per protegge lo stomaco la buccia di mandorla è un prebiotico naturale perfetto

By Edoardo Capuano - Posted on 06 aprile 2010
Mangiare le mandorle spellate…? Meglio di no. Oltre a perdere un po’ di sapore, si può perdere un’azione benefica sull’intestino: l’effetto prebiotico che favorisce lo sviluppo e la crescita dei batteri “buoni”.
Ecco quindi che la buccia delle mandorle è benefica quanto le mandorle stesse. Lo afferma un nuovo studio condotto dalla dottoressa Giuseppina Mandalari e colleghi dell’Institute of Food Research (IFR) di Norwich nel Regno Unito. Dalle pagine della rivista scientifica “Microbiology Letters” – della Federation of European Microbiological Societies (FEMS) – su cui sono stati pubblicati i risultati dello studio, apprendiamo che la buccia delle mandorle produce un aumento significativo della popolazione dei batteri intestinali buoni, tra cui i bifido batteri, Clostridium coccoides ed Eubacterium rectale.
In particolare l’attività prebiotica delle mandorle è stata valutata in un indice di 3,2 che si attesta come buono se confrontato con un indice di 4,2 dei frutto-oligo-saccaridi che si trovano in commercio, creati apposta per questo scopo.
«Le bucce di mandorle contengono un’elevata quantità di fibre alimentari, che è formata da polisaccaridi della parete cellulare vegetale in grado di fornire energia al corpo attraverso la fermentazione e l’assorbimento degli acidi grassi a catena corta (SCFA)», hanno scritto i ricercatori.
Per questo studio, gli scienziati si sono avvalsi di un modello di intestino in vitro che comprendeva tutte le funzioni gastriche, digestive, di fermentazione e trasformazione.
I risultati hanno mostrato che le bucce di mandorle hanno aumentato significativamente i livelli di bifidobatteri e Clostridium coccoides, rectale Eubacterium.
«Riteniamo che gli effetti benefici sulla microflora del colon osservati in questo lavoro siano stati prodotti dalla fermentazione dei carboidrati quali la pectina, presente nella buccia di mandorla», hanno aggiunto i ricercatori.
Fonte: lastampa.it
La papaya stimola la produzione di citochine th-1. Efficace contro diversi tumori

By Edoardo Capuano - Posted on 11 marzo 2010
La papaya sembra avere effetto contro diversi tipi di cancro, almeno in vitro. Lo dimostra uno studio dell'Università della Florida pubblicato dal Journal of Ethnopharmacology.
I ricercatori hanno testato un estratto delle foglie della pianta su cellule di tumori della cervice, del seno, dei polmoni, del fegato e del pancreas, verificando che in tutti questi casi la sostanza sembra essere tossica per le cellule tumorali, mentre non ha effetti su quelle sane.
Secondo lo studio la papaya stimola la produzione di citochine th-1, una classe di molecole che aumenta le 'prestazioni' del sistema immunitario. Inoltre, a 24 ore dall'esposizione all'estratto, tutti e 10 i tumori studiati avevano subito un forte rallentamento della crescita. Gli effetti positivi della papaya sono ben conosciuti da diverse tribù indigene in Australia e in Vietnam, spiegano gli autori.
“Secondo quanto ho visto nell'attività clinica - ha spiegato il primo autore della ricerca Nam Dang, originario proprio del Vietnam - l'estratto di papaya non è tossico, e ha degli effetti benefici”.
Fonte: salute.agi.it
Omega3: utile per le malattie psichiatrice?

By Cristina Bassi - Posted on 18 marzo 2010
Dalla BBC una interessante notizia sui rimedi naturali:
“Una capsula di Olio di pesce (Omega 3) quotidiana può evitare la malattia mentale in coloro che sono ad alto rischio: questo è ciò che suggeriscono recenti test.
L'assunzione per 3 mesi di complementi nutrizionali sembra essere efficace quanto le medicine, riducendo di 1/4 il rischio di malattia psicotica come la schizofrenia. I ricercatori credono che sia l'Omega 3 (olio di pesce), già noto per la sua efficacia per mantenere cuori, ad essere benefico per il cervello.
Un rimedio “naturale” sarebbe il benvenuto, riferiscono gli archivi della Psichiatria Generale. “La scoperta che una sostanza naturale possa prevenire, o almeno ritardare, l'insorgere di disturbi psicotici fa ben sperare sul fatto che ci possano essere alternative a farmaci antipsicotici”, riferiscono gli autori dello studio.
I farmaci antipsicotici sono potenti e possono avere molti effetti collaterali, che mettono k.o. le persone che li assumono. I complementi nutrizionali di olio di pesce (Omega3) d'altro canto sono in genere ben tollerati e facili da prendere, dicono gli scienziati. Il team internazionale dall'Austria, Australia e Svizzera ha fatto il test su 81 persone ritenute particolarmente ad alto rischio per lo sviluppo di psicosi.
Una scelta naturale
Il loro alto rischio si riconduceva ad una forte storia famigliare di schizofrenia, o malattie simili, oppure al fatto che già mostravano leggeri sintomi di queste condizioni. Per il test, la metà delle persone ha preso l'olio di pesce (1,2 gr. di Omega3 acidi grassi) per 12 settimane, mentre l'altra metà solo placebo. nessuno dei due gruppi sapeva quale trattamento stesse facendo.
Il Dr Paul Amminger e il suo team hanno seguito i gruppi per un anno per vedere quanti, semmai ce ne fossero stati, continuassero a sviluppare la malattia. Due nel gruppo dell'Omega3 svilupparono una malattia psicotica in rapporto agli 11 del gruppo placebo
Sulla base di questi risultati, i ricercatori valutano che un adulto ad alto rischio su 4, tra quelli trattati durante l'anno, potrebbe essere protetto dallo sviluppare psicosi. Essi credono che gli acidi grassi Omega3 contenuti negli integratori possano alterare il segnale cerebrale con effetti benefici.
Alison Cobb, della fondazione Mind sulla salute mentale, ha detto: “Se i giovani possono essere trattati con successo con l'olio di pesce, questo è enormemente meglio che trattarli con degli antipsicotici.”
“Questi sono risultati promettenti ed è necessaria più ricerca per mostrare se gli Omega3 possano essere un'alternativa agli antipsicotici sul lungo termine.”
Fonte originale: news.bbc.co.uk /
Fonte: saluteolistica.blogspot.com
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CIOCCOLATO

Il cioccolato (o la cioccolata) è un alimento derivato dai semi della pianta del cacao (Theobroma cacao L.) diffuso e ampiamente consumato nel mondo intero. È preparato a partire dal burro di cacao (la parte grassa dei semi di cacao) con aggiunta di polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, quali il latte, le mandorle, le nocciole o altri aromi.
Il cioccolato viene prodotto nelle forme più svariate; la più comune è la tavoletta, ma, sia industrialmente che artigianalmente, il cioccolato viene modellato in forme diverse, specie in occasione di ricorrenze o festività - come nel caso delle uova di Pasqua.
Oltre a ciò, il cioccolato è anche un ingrediente di svariati dolciumi, tra cui gelati, torte, biscotti e budini.
Alcuni studi sembrano confermare che il consumo frequente di cioccolato possa condurre ad un particolare forma di dipendenza detta, per analogia con l'alcolismo, cioccolismo.[1] Altri studi dimostrano come l'assunzione di cioccolato stimoli il rilascio di endorfine, in grado di aumentare il buon umore.[2]
Il termine "cioccolata" viene utilizzato come sinonimo di "cioccolato" oppure per indicare una bevanda liquida a base di polvere di semi di cacao, nell'uso occidentale contemporaneo invariabilmente con l'aggiunta di zucchero (al contrario di come veniva consumato il cacao in bevande salate e speziate nelle culture precolombiane).

Matrice storico-linguistica:
L'origine linguistica delle parole cacao e cioccolato
La pianta Theobroma Cacao (nome scientifico del cacao) fu classificata da Linneo, considerando il nome che aveva e l'uso che se ne faceva presso le civiltà che la utilizzavano all'epoca: cacao cibo degli dei.
• Il cacao, nella lingua della famiglia mixe-zoqueana che parlavano gli olmechi attorno al 1000 a.C., si pronunciava kakawa. In epoche successive i maya, più precisamente nel corso del loro periodo classico (fra il III secolo ed il X secolo), iniziano a chiamare il Theobroma con il termine "kakaw". In quel tempo si cominciavano a miscelare alla bevanda aromi di varia natura, ad esempio il chili, e essa assumeva il nome di "ik-al-kakaw".

Note sulla pronuncia:
Nella lingua nahuatl che parlavano allora i maya, la desinenza "tl" si pronunciava "te" e "ch" aveva un suono di "c" dolce. L'accento tonico cadeva sempre sulla penultima sillaba.
Presso i maya il cioccolato veniva chiamato kakaw uhanal, ovvero "cibo degli Dei", e il suo consumo era riservato solo ad alcune classi della popolazione (sovrani, nobili e guerrieri). I maya amavano la bevanda di cacao preparata con acqua calda. Acqua si diceva haa, e caldo si diceva chacau. La bevanda di cacao assumeva il semplice nome di chacauhaa.[3] Sinonimo di chacau era chocol, da cui deriva chocolhaa, sicuramente il primo nome che si avvicina allo spagnolo chocolate.


Facendo un ulteriore salto, arriviamo alla conquista spagnola della seconda metà del XVI secolo dove si consumava una bevanda per metà di cacao ("cacahuatl") e per metà di "pochotl" che prendeva il nome di "chocolatl" ('chocol' di radice maya che significa caldo e 'atl' di radice azteca che significa acqua, pronuncia "ciocolate"). In ogni caso, perché gli spagnoli per indicare le bevande a base di cacao non accolsero "cacahuate", ma preferirono adottare "chocolatl"? Questo fatto dipenderebbe da quel fenomeno per cui le parole di una certa lingua possono avere suono e significato inaccettabile in altre. Il termine «caca», in spagnolo è un'espressione volgare, connessa con le feci e non poteva essere tollerabile un suono del genere per indicare una bevanda consumata prevalentemente dall'aristocrazia e dalla nobiltà reale, soprattutto se riferita ad una bevanda densa, marrone scuro e originariamente amara.

• Una seconda teoria fa derivare la parola dal dio Azteco Quetzalcoàtl, che secondo la leggenda donò ai mortali il seme del cacao per farne una bevanda amara, energetica e afrodisiaca. Secondo tale teoria da qui deriverebbe il nome del seme cacahuatl e poi anche di chocolatl.
• Una ulteriore teoria, che sembra la meno credibile, parte dall'etimologia proposta da Thomas Gage (peraltro molto utilizzata in campo gastronomico), in cui oltre al termine nahuatl atl si aggiunge choco, onomatopeico che indicherebbe il suono prodotto dal "molinillo"[4] che agita la mistura durante la preparazione. Contrariamente a quanto si pensa, poi, il termine molinillo non sarebbe il diminutivo dello spagnolo molino (mulino), che effettivamente ha poco a che fare con il movimento che occorre per preparare il cioccolato, ma dal verbo nahuatl molinìa, che significa muovere, sbattere ed agitare, da cui deriva anche il sostantivo moliniani, che indica ciò che è si muove o che si agita.

La storia del cacao e del cioccolato:

La pianta del cacao ha origini antichissime e, secondo precise ricerche botaniche si presume che fosse presente più di 6000 anni fa nel Rio delle Amazzoni e nell'Orinoco. I primi agricoltori che iniziarono la coltivazione della pianta del cacao furono i Maya solo intorno al 1000 a.C.
Le terre che si estendono fra la penisola dello Yucatàn, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala furono quindi le prime a vedere l'inizio della storia del cacao, e insieme ad esso del cioccolato. La leggenda dice che la coltura del cacao fu sviluppata dal terzo re Maya: Hunahpu. Un'altra leggenda, questa volta azteca, dice che in tempi remoti una principessa fu lasciata, dal suo sposo partito in guerra, a guardia di un immenso tesoro; quando arrivarono i nemici la principessa si rifiutò di rivelare il nascondiglio di tale tesoro e fu per questo uccisa; dal suo sangue nacque la pianta del cacao, i cui semi sono così amari come la sofferenza, ma allo stesso tempo forti ed eccitanti come le virtù di quella.
Tornando alla storia, successivamente ai Maya anche gli aztechi iniziarono la coltura del cacao, e in seguito la produzione di cioccolata; associavano il cioccolato a Xochiquetzal, la dea della fertilità.

Con valore mistico e religioso, il cacao veniva consumato dall'élite durante le cerimonie importanti,[5] offerto insieme all'incenso come sacrificio alle divinità e a volte mischiato al sangue degli stessi sacerdoti. A conferma di ciò, sono stati trovati diversi esempi di raffigurazione della pianta del cacao su alcuni vasi e codici miniati Maya. Oltre ad un impiego liturgico e cerimoniale, nelle Americhe il cioccolato veniva consumato come bevanda, chiamata xocoatl, spesso aromatizzata con vaniglia, peperoncino e pepe. Tale bevanda era ottenuta a caldo o a freddo con l'aggiunta di acqua e eventuali altri componenti addensanti o nutrienti, quali farine e minerali. Altri modi di preparazione combinavano il cioccolato con la farina di mais ed il miele.[5]
La sua caratteristica principale era la schiuma, che veniva anticamente ottenuta mediante travasi ripetuti dall'alto da un recipiente ad un altro. Con la Conquista spagnola, si impone l'uso del molinillo, che ruotato velocemente avanti e indietro tra le mani consentiva di ottenere in tempi più brevi la densa schiuma tanto amata dai consumatori della bevanda.[5]
Non si può non notare, per inciso, la singolare coincidenza del procedimento di preparazione della bevanda di cacao e acqua per travaso, con l'uso africano di preparare il tè (tre cicli successivi di preparazione, ciascuno dei quali si ottiene per bollitura delle foglie di tè, travasi ripetuti dall'alto fino al montare della schiuma -peraltro ovviamente meno consistente di quella del cacao- e consumo).
Il xocoatl aveva l'effetto di alleviare la sensazione di fatica, effetto probabilmente dovuto alla teobromina in esso contenuta. Esso era un articolo di lusso in tutta l'America centrale pre-colombiana; i semi di cacao erano usati come moneta di scambio, di conto e anche come unità di misura: nel tesoro dell'imperatore Motecuhzoma (più noto con il nome storpiato di Montezuma) se ne poterono trovare quasi un miliardo.
Si dice che quello del xocoatl fosse un gusto squisito. José de Acosta, un missionario gesuita spagnolo che visse in Perù e poi in Messico nel tardo XVI secolo scrisse:

Disgustoso per coloro che non lo conoscono, con una schiuma o pellicola in superficie che è molto sgradevole al gusto. Tuttavia è una bevanda molto apprezzata dagli indiani, che la usano per onorare i nobili che attraversano il loro paese. Gli spagnoli, sia uomini che donne, che si sono abituati al paese sono molto golosi di questo Chocolaté. Dicono di prepararne diversi tipi, caldi, freddi, tiepidi, e di aggiungervi molto chili; ne fanno inoltre una pasta che dicono essere buona per lo stomaco e contro il catarro.
Nel 1502 avvenne il contatto del cacao con la civiltà europea: Cristoforo Colombo durante il suo quarto e ultimo viaggio in America sbarca in Honduras dove ha l'occasione di assaggiare una bevanda a base di cacao; al ritorno, portò con sé alcuni semi di cacao da mostrare a Ferdinando ed Isabella di Spagna, ma non diede alcuna importanza alla scoperta, probabilmente non particolarmente colpito dal gusto amaro della bevanda.


Solo con Hernàn Cortéz si ha l'introduzione del cacao in Europa in maniera più diffusa, era il 1519. Egli arriva nel Nuovo Mondo proveniente dalla Spagna e la popolazione locale lo scambia per il Dio Quetzalcoàtl, che secondo la leggenda sarebbe dovuto tornare proprio in quell'anno. L'imperatore Montezuma, allora, lo accoglie a braccia aperte e gli offre un'intera piantagione di cacao coi relativi proventi. Nel 1528 Cortéz porta in Spagna alcuni semi di cacao, recandoli in dono a Carlo V.[6][7]
Il primo carico documentato di cioccolato verso l'Europa a scopo commerciale viaggiò su una nave da Veracruz a Siviglia nel 1585 (a Siviglia aveva sede il Reale Consiglio delle Indie, attraverso cui la corona spagnola controllava tutti i traffici commerciali, l'amministrazione, gli aspetti militari e religiosi delle proprie colonie d'oltre oceano. Tutti movimenti materiali avvenivano attraverso il porto di Cadice).
Il cioccolato veniva sempre servito come bevanda, ma gli europei, e in particolar modo gli ordini monastici spagnoli, depositari di una lunga tradizione di miscele e infusi, ci aggiunsero la [vaniglia e lo zucchero per correggerne la naturale amarezza e tolsero il pepe e il peperoncino.[5] Pare che sia stato il vescovo Francisco Juan de Zumàrraga nel 1590 ad aggiungere lo zucchero alla ricetta della bevanda.
Per tutto il Cinquecento il cioccolato rimane un'esclusiva della Spagna, che ne incrementa le coltivazioni. La tradizionale lavorazione per la produzione delle tavole di cioccolato solide, anch'esse di origine azteca, viene importata nella Contea di Modica, allora protettorato spagnolo. Tale lavorazione dà origine allo xocoàtl, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata metate, prodotto che ormai si produce nella sola Modica in Sicilia.[8][9][10]
Nel Seicento, il cacao arriva in Toscana per merito del commerciante di Firenze Francesco d'Antonio Carletti.[7] Nel 1606 il cioccolato veniva prodotto in Italia nelle città di Firenze, Venezia e Torino.[6] Le tracce dell'antico legame fra Firenze e la cioccolata si ritrovano in alcuni fondi librari della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Magliabechiano e Palatino), dove si rintracciano numerosi scritti che testimoniano a partire dal 1600 un acceso dibattito sul cioccolatte e sui suoi consumi (Francesco Redi, Lorenzo Magalotti, Francesco D'Antonio Carletti). Sempre a Firenze, dal 1680, si rintracciano numerosi scritti sul tema della cioccolata. Nel 1680 esce Differenza tra il cibo e 'l cioccolatte… (a cura di Gio.Battista Gudenfridi), cui seguono nel 1728: Parere intorno all'uso della cioccolata (Gio. Battista Felici), Lettera in cui si esaminano le ragioni addotte dall'Autore del primo parere intorno all'uso della cioccolata (Lorenzo Serafini), Lezione accademica in lode della cioccolata (Giuseppe Avanzini) e Altro parere intorno alla natura, ed all'uso della Cioccolata disteso in forma di lettera… (Francesco Zeti).
Nel 1615 Anna d'Austria, sposa di Luigi XIII, introdusse il cioccolato in Francia.[5][11] Tra il 1659 e il 1688 l'unico cioccolataio presente a Parigi fu David Chaillou.[7]
Nel 1650 il cioccolato viene commercializzato anche in Inghilterra: a Oxford si inizia a servire il cioccolato negli stessi locali in cui si serviva il caffè.[7]
Nel XVII secolo divenne un lusso diffuso tra i nobili d'Europa e gli Olandesi, abili navigatori, ne strappano agli spagnoli il controllo mondiale e il predominio commerciale.

Nella Venezia del Settecento nascevano le prime "botteghe del caffè" (o coffe house), antesignani dei nostri bar; esse erano, certamente, anche "botteghe della cioccolata" e facevano a gara per modificare la ricetta esistente inventando nuove versioni.[5][12] Nel 1760 la Gazzetta Veneta documenta l'ormai enorme diffusione del prodotto. Fino a tutto il XVIII secolo il cioccolato viene considerato la panacea di tutti i mali, e gli si attribuiscono virtù miracolose. Il Brasile, la Martinica e le Filippine aumentano in modo spropositato la coltivazione di cacao; contemporaneamente molte città europee si pregiano della fama per la lavorazione del cioccolato; un esempio fra tutti è Torino, che ha una produzione di ben 350 kg al giorno, esportato in maggior parte in Austria, Svizzera, Germania e Francia, dove poco alla volta la preparazione di bevande al cioccolato diventa una passione per molti.

Alla fine del XVIII secolo il primo cioccolatino da salotto, come lo conosciamo oggi, fu inventato a Torino da Doret. Nel 1802 Bozzelli inventò una macchina per raffinare la pasta di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia.[6][13]
In realtà bisogna aspettare il 1820 perché il sistema fosse messo a punto, e la prima tavoletta di cioccolata di tipo commerciale fu prodotta in Inghilterra. Nel 1826 Pierre Paul Caffarel inizio' la produzione di cioccolato in grandi quantità grazie ad una nuova macchina capace di produrre oltre 300 kg di cioccolato al giorno. Nel 1828 l'olandese Conrad J. van Houten brevettò un metodo per estrarre il grasso dai semi di cacao trasformandoli in cacao in polvere e burro di cacao.[5][6] Sviluppò inoltre il cosiddetto processo olandese, che consiste nel trattare il cacao con alcali per rimuoverne il gusto amaro.[14] Questi trattamenti resero possibile il produrre il cioccolato in barrette. Il primo cioccolato in forma solida in scala più estesa rispetto a quello di Doret sembra essere stato prodotto nel 1847 da Joseph Fry. Nel 1852 a Torino Michele Prochet comincia a miscelare cacao con nocciole tritate e tostate creando la pasta Gianduia che verrà poi prodotta sotto forma di gianduiotti incartati individualmente.[15]

Daniel Peter, un fabbricante di candele svizzero si unì al suocero nella produzione del cioccolato. Nel 1867 iniziarono a includere il latte tra gli ingredienti e presentarono sul mercato il cioccolato al latte nel 1875. Per rimuovere l'acqua contenuta nel latte, consentendone una più lunga conservazione, fu assistito da un vicino, un fabbricante di alimenti per l'infanzia di nome Henri Nestlé.
Nel 1879 Rudolph Lindt infine inventò il processo chiamato concaggio (conching), che consiste nel mantenere a lungo rimescolato il cioccolato fuso per assicurarsi che la miscelazione sia omogenea.[16] Il cioccolato prodotto con questo metodo è il cosiddetto "cioccolato fondente".[6]
Il cacao è stato anche motivo di una continua lotta finanziaria tra i grandi esportatori (Africa e Brasile) ed i mercati d'acquisto (Europa e USA).
L'iniziale artificioso rialzo dei prezzi provocò una forma di boicottaggio commerciale, soppresso dalle necessità della seconda guerra mondiale. Terminata la guerra, vi fu una diminuzione del prodotto, determinato da malattie e dall'invecchiamento delle piantagioni, sintomo di una non oculata gestione delle stesse.
Il valore commerciale della produzione americana (soprattutto Messico e Guatemala) è superiore a quello della produzione africana o di altri paesi. In Italia, la regione di Torino produce il 40% della produzione italiana per un volume di 85000 tonnellate annuali.
Nel 1946 Pietro Ferrero creò una crema gianduia con l'intenzione di venderne qualche chilo ai pasticcieri di Alba: il prodotto ebbe un successo superiore a ogni aspettativa e qualche anno dopo, nel 1964, nacque la NUTELLA, che divenne molto popolare.[17][18]
Il cioccolato e i grandi personaggi storici:
Hanno avuto una passione per il cioccolato innumerevoli personaggi storici, tra loro Re, imperatori, musicisti, scrittori e Papi.
• Papa Pio V, nonostante inflessibile per certi versi, nel 1569 generò scalpore consentendo nei periodi di digiuno la consumazione di una tazza di cioccolata al giorno, adducendo come motivazione il fatto che è liquida.[19]
• Madame de Maintenon, sposa del Re Sole
• Le favorite di Luigi XV
• Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, che viaggiava sempre col suo cioccolataio personale
• Voltaire sembra bevesse una dozzina di tazze di cioccolata al giorno, per combattere la debolezza in tarda età.[19]
• Carlo Goldoni nelle sue commedie elogia in vario modo la bevanda[20]
• Giacomo Casanova ne faceva uso per gli effetti afrodisiaci.[19]
• Wolfgang Amadeus Mozart canta il suo desiderio di cioccolata in Così fan tutte
• E poi ancora sono sicuramente da citare i grandi appassionati Čajkovskij, Strauss, Stendhal, Goethe, Leonardo Sciascia, Alessandro Manzoni, la marchesa de Sévigné, Gabriele D'Annunzio, Fidel Castro.[19]
Preparazione:

La preparazione del cioccolato avviene seguendo il seguente schema:[21]
1. Miscelazione
2. Concaggio
3. Tempraggio
4. Modellaggio
5. Confezionamento.
il cioccolato se lasciato in acqua per 3 giorni (acqua fredda), può essere mangiato.
Miscelazione:
Il processo di preparazione del cioccolato inizia con la "miscelazione" (blending o mélangeur).[22]
Partendo dall'ingrediente base della pasta di cacao, ottenuta dalla lavorazione dei semi del cacao, vengono aggiunti gli altri ingredienti necessari, più precisamente:[23]
• "fondente": pasta di cacao, burro di cacao, zucchero e vaniglia
• "al latte": come sopra, ma con aggiunta di latte o latte in polvere
• "bianco": burro di cacao, zucchero, vaniglia, latte o latte in polvere
In alcuni paesi la legge consente di tagliare il burro di cacao con altri grassi vegetali.

Spesso viene aggiunta anche la lecitina di soia, che agisce come agente emulsionante favorendo una maggiore omogeneizzazione degli ingredienti. Diversi produttori introducono variazioni personalizzate alle proporzioni delle ricette base, come una sorta di "marchio di fabbrica". Il cioccolato fondente più pregiato arriva a contenere non meno del 70% di cacao (sia polvere che burro).
L'impasto viene poi passato dalle raffinatrici, che sono delle macchine laminatrici (tipiche fra queste quelle funzionanti a 5 cilindri). Il passaggio attraverso le macchine raffinatrici è detto in inglese refining o fine grinding.[22]

Concaggio:
Il successivo stadio prende il nome di "concaggio" (conchage o conching).[24] Consiste nel mescolare per tempi molto lunghi la miscela di ingredienti in apposite impastatrici dette conche aggiungendo eventualmente dell'altro burro di cacao.[25] Ciò deve avvenire a temperatura controllata appena sufficiente a mantenere la miscela liquida avendo cura di rompere i grumi dei vari ingredienti fino a portarli a dimensioni inavvertibili dalla lingua ed a farne una massa perfettamente liscia ed omogenea. I cioccolati più pregiati vengono trattati in questo modo per non meno di una settimana. Terminata questa fase, il cioccolato viene mantenuto fuso in serbatoi a 45-50 °C.
Il concaggio serve, fra le altre cose, anche ad ossidare i tannini.
Temperaggio:
La fase successiva al concaggio è il "temperaggio" (tempering).[26]
Dato che il burro di cacao tende a cristallizzare in modo polimorfo ed irregolare, la massa di cioccolato fuso deve venire raffreddata cautamente, in modo da portare alla cristallizzazione desiderata, quella che produce un cioccolato che si spezza ma che allo stesso tempo si scioglie morbidamente.[25] Per ottenerla, la massa di cioccolato viene raffreddata gradualmente da 45 °C a 27 °C, quindi riscaldata a 31 °C (±1 °C) per il cioccolato fondente, e 29 °C per quello al latte e successivamente raffreddata fino allo stato solido.
Semi di cacao
(Contenuto in percentuale)
Elemento Cotiledoni
non torrefatti Semi freschi
Acqua
5,23 7,26
Grassi
50,44 49,9
Amido
4,2 2,4
Proteine solubili
6,3 0
Proteine insolubili 0 10,9
Tannino
6,71 0,2
Gomme
2,17 2,4
Cellulosa
6,4 10,6
Teobromina e caffeina
0,84 3,3
Rosso di cacao
2,2 0
Altre sostanze 5,8 5,3
Elementi minerali
2,75 4

Contenuto del cioccolato (in percentuale)
Componenti Fondente Al latte
Pasta di cacao 40-48 15
Zucchero
42-50 50
Burro di cacao
10 15
Latte
0 20


Come il cacao così il cioccolato, suo derivato, con le sue circa 850 componenti è un prodotto blandamente psicoattivo[senza fonte] per via del suo contenuto di teobromina, di feniletilamina, di piccole quantità di anandamide (un cannabinoide endogeno del cervello), caffeina e triptofano. Contrariamente a quanto asserito, inoltre, il cioccolato non contiene significative quantità di caffeina, a meno che non venga espressamente aggiunta durante la lavorazione. In particolare, la composizione del cioccolato è riassumibile nella tabella di destra.
Modellaggio:
Dopo il tempraggio il cioccolato viene sottoposto al "modellaggio" (molding):[27] viene versato in stampi che sono posti in leggera vibrazione per eliminare le bolle di aria imprigionate all'interno. Una volta raffreddato, il cioccolato assumerà la forma degli stampi ed è pronto al "confezionamento" (packaging).[25][28]
Tipologie e caratteristiche organolettiche del cioccolato:

• Cioccolato bianco
o Di color avorio, lucido con profumo intenso, ricco e persistente; con sentori di latte, burro, vaniglia e biscotto; gusto dolce molto marcato, aroma intenso e persistente.
• Cioccolato al latte
o Di color marrone chiaro, lucido con profumo persistente, ricco e un aroma pieno di caramello e cacao. Al palato ha una buona fusibilità e una quantità percettibile di grassi; inoltre ha una struttura croccante. Gusto dolce con una leggera nota di amaro del cacao. Aroma intenso e persistente.
• Cioccolato mi-doux
o Mix di cioccolato al latte e fondente, colore marrone lucido, profumo intenso e persistente di cacao, caffè tostato e liquirizia. Buona fusibilità in bocca e struttura croccante. Gusto dolce con nota di amaro. Gusto intenso e persistente.
• Surfin
o Colore marrone intenso, lucido con profumo intenso, forte e ampio; sentori di cacao tostato, liquirizia e tabacco. Struttura croccante in bocca e ottima fusibilità. Gusto dolce con una nota media di amaro e aroma fine e molto persistente.
• Extra-bitter
o Colore marrone scuro, molto lucido. Profumo fragrante, aromatico, molto intenso e persistente. Sentori di cacao, caffè e orzo tostato. Struttura croccante, fusibilità lenta. Gusto intenso e persistente, amaro con una nota di dolce.
• Amarissimo
o Colore marrone scuro tendente al nero. Profumo forte, molto intenso, aromatico. Sentori del cacao miscelata alla viola, al tabacco e alla liquirizia. Molto croccante al morso, fusibilità lenta in bocca, gusto amaro.
Definizioni adottate nell'Unione Europea:

Di seguito vengono riportate le definizioni adottate nell'Unione Europea:
• Burro di cacao: la sostanza grassa ottenuta da semi di cacao o da parti di semi di cacao
• Cacao in polvere o cacao: il prodotto ottenuto mediante trasformazione in polvere di semi di cacao puliti, decorticati e torrefatti e che presenta un tenore minimo di burro di cacao del 20% (percentuale calcolata sul peso della sostanza secca) e un tenore massimo di acqua del 9%.
• Cacao magro in polvere o cacao magro: è cacao in polvere con un tenore di burro di cacao inferiore al 20%
• Cioccolato in polvere: un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 32% di cacao in polvere.
• Cioccolato comune in polvere o cacao zuccherato: un miscuglio di cacao in polvere e zuccheri, contenente non meno del 25% di cacao in polvere; si aggiunge il termine "magro" se il prodotto sia magro o fortemente sgrassato ai sensi della definizione precedente.
• Cioccolato: il prodotto ottenuto da prodotti di cacao e zuccheri che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 35%, di cui non meno del 18% di burro di cacao e non meno del 14% di cacao secco sgrassato.
• Cioccolato al latte: il prodotto ottenuto da prodotti di cacao, zuccheri e latte o prodotti a base di latte e che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 25%, di sostanza secca del latte del 14%, di cacao secco sgrassato del 2,5%, di grassi del latte del 3,5%, di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25%.
• Cioccolato comune al latte: il prodotto ottenuto da cacao, zuccheri e da latte o da prodotti a base di latte, che presenta un tenore minimo di sostanza secca totale di cacao del 20%, di sostanza secca del latte del 20%, di cacao secco sgrassato del 2,5%, di grassi del latte del 5%, e di grassi totali (burro di cacao e grassi del latte) del 25%. Il Regno Unito, l'Irlanda e Malta possono autorizzare l'uso nel loro territorio del termine milk chocolate per questo tipo di cioccolato a condizione che tale termine sia accompagnato dall'indicazione del tenore di sostanza secca di latte nella forma «sostanza secca di latte: …% minimo».
• Cioccolato bianco: il prodotto ottenuto da burro di cacao, latte o prodotti a base di latte e zuccheri, e che contiene non meno del 20% di burro di cacao e del 14% di sostanza secca del latte; burro o grassi del latte devono essere presenti in quantità pari almeno al 3,5%.
Valori nutrizionali:
La tabella seguente riporta i valori nutrizionali corrispondenti a 100 grammi di cioccolato:
Valori nutrizionali (per 100 g di prodotto)[29]

Tipologia >>>>> (1)Cioccolato fondente: (2)Cioccolato al latte: (3)Cioccolato bianco:
Proteine (g):
(1) (2) (3)
3,2 7,6 7,5
Lipidi (g)
33,5 32,3 37
Carboidrati (g)
60,3 57 52
Lecitina pura (g)
0,3 0,3 0,3
Teobromina (g)
0,6 0,2 --
Calcio (g)
20 220 250
Magnesio (mg)
80 50 30
Fosforo (mg)
130 210 200
Ferro (mg)
2 0,8 tracce
Rame (mg)
0,7 0,4 tracce
Vitamina A (IU)[30]
40 300 220
Vitamina B1 (mg)
0,06 0,1 0,1
Vitamina B2 (mg)
0,06 0,3 0,4
Vitamina C (mg)
1,14 3 3
Vitamina D (IU)
50 70 15
Vitamina E (mg)
2,4 1,2 tracce
Valore energetico (kJ)[31]
2080 2160 2260

Studi e ricerche sul cacao e sul cioccolato:

Struttura di un isoflavonoide
Uno studio del 2003 promosso dell'Istituto Nazionale Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (Inran) di Roma, sostiene che il cioccolato fa bene al cuore. I risultati hanno rivelato che il fondente aumenta del 20% le concentrazioni di antiossidanti nel sangue, mentre quello al latte non ha alcun effetto; addirittura il fondente perde ogni effetto se accompagnato a un bicchiere di latte. Secondo i ricercatori il latte farebbe diminuire gli effetti positivi e cardioprotettivi in quanto cattura le epicatechine, flavonoidi presenti nel cacao che possiedono un elevato potere antiossidante.[32][33][34]
Secondo Roberto Corti dell'Università di Zurigo il cioccolato fondente può ritardare l'indurimento delle arterie in coloro che fumano, limitando il rischio di malattie cardiache anche gravi. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Heart".[32]
Sono segnalte reazioni allergiche: allergia alimentare alla Fenilalanina contenuta nel cioccolato. Invece, in uno studio tedesco pubblicato dalla rivista dell'associazione americana dei medici, si sostiene che il cioccolato fondente avrebbe anche la capacità di ridurre la pressione del sangue, in particolare la pressione sistolica o "massima", per effetto dei polifenoli della cioccolata fondente, antiossidanti che sono alla base degli stessi effetti positivi sul cuore che ha il vino rosso, di cui il cioccolato conterrebbe una maggiore quantità.[35]
Taluni studi correlano la feniletilammina contenuta nel cioccolato con la diminuzione del fenomeno della depressione.[36][37][38]
Da quanto viene asserito da altri studi, inoltre, il cioccolato avrebbe un'influenza positiva sull'umore degli esseri umani e aumenta il desiderio sessuale,[37] proprio come sosteneva Giacomo Casanova.[39]

Effetti sugli animali della *Molecola della Teobromina*:

La teobromina contenuta nel cioccolato è tossica per i cani, i cavalli ed altri piccoli animali che sono incapaci di metabolizzarla.[40][41]
In piccole quantità riesce ad essere un potente stimolante per i cavalli, al punto da essere bandito dalle corse in quanto sostanza illegale.[42]
Se un animale mangia del cioccolato in quantità consistente, la teobromina può permanere nel suo sangue fino a 20 ore, provocandogli disturbi che possono andare dalle convulsioni all'attacco cardiaco all'emorragia interna fino - nei casi peggiori - alla morte. Il primo trattamento, da eseguirsi entro due ore dall'ingestione, consiste nel provocare il vomito. È quindi necessario interpellare un veterinario.
La DL50, ossia la dose letale per il 50% del campione, della teobromina per i cani è 330 milligrammi per chilogrammo di peso corporeo, un dato simile a quello della caffeina per gli esseri umani. Un cane di circa 20 Kg di peso soffrirà qualche disturbo intestinale dopo aver mangiato circa 250 g di cioccolato al latte, bradicardia o aritmia cardiaca se ne mangia mezzo chilo. Cinque chili di cioccolato hanno il 50% di probabilità di ucciderlo. Col cioccolato fondente le dosi sono inferiori, essendo questo più ricco di cacao.
Prodotti dolciari al cioccolato:

Il cioccolato viene utilizzato nella preparazione di tantissimi prodotti dolciari, tra cui:
• Cioccolato in barrette o blocchi.
• Cioccolatini: possono essere di varie forme e arricchiti (ricoperti o ripieni) con tantissimi ingredienti. Tra i tanti tipi di cioccolatini si hanno i cremini, i gianduiotti.
• Praline.
• Uova di pasqua e conigli pasquali.
• Scaglie di cioccolato: utilizzate per decorare e insaporire dolci.
• Torta al cioccolato (per esempio Torta Sacher).
• Crêpe al cioccolato.
• Gelati[43] e semifreddi.
• Mousse al cioccolato.
• Snack tascabili dove è solitamente accostato ad altri alimenti dal sapore dolce (cocco, caramello, ecc..).
Luoghi legati al cioccolato:
• Torino: Torino è dal 1600 una delle capitali italiane e forse europee del cioccolato, qui sono state inventate il cioccolato con le nocciole Prochet e la macchina per trattare industrialmente il cioccolato Caffarel. Alla Talmone si deve la prima rete di commercializzazione nazionale di cioccolato, mentre alla piemontese Ferrero si deve il merito di aver fatto conoscere in tutto il mondo la pasta Gianduja sotto il nome commerciale di Nutella. Gubbio (Pg): dal 2004 la cittadina umbra ospita ogni anno la manifestazione "Altrocioccolato", evento dedicato al gusto ed al consumo consapevole del cibo degli dei.
• Perugia: anche il capoluogo di provincia organizza una manifestazione dedicata al cioccolato: Eurochocolate.
• Modica: città famosa per il Cioccolato modicano; organizza una manifestazione, originariamente legata all'Eurochocolate, poi divenuta indipendente col nome di "Choccobarocco".
Il cioccolato in Svizzera
L'industria del cioccolato in Svizzera ha detenuto un record sia in termini di volume di produzione sia in termini di fatturato.[44][45]
Il cioccolato nella cultura popolare:
FESTE
Spesso il cioccolato viene usato per fare dei regali durante le feste. Il giorno di San Valentino, ad esempio, è tradizione regalare cioccolatini al proprio partner o ai propri amici. Anche a Natale molto spesso viene regalato del cioccolato e, soprattutto, durante la Pasqua, festa in cui si regalano uova di cioccolato (solitamente a bambini).
Libri e film
Il cioccolato è stato al centro di diversi libri e film di successo. Nel 1964, Roald Dahl pubblica una storia per bambini intitolata La fabbrica di cioccolato. Da questo libro vengono in seguito prodotti due film: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di Mel Stuart (1971) e La fabbrica di cioccolato di Tim Burton (2005), molto apprezzato dalla critica[46] e dal pubblico[47].
Altrettanto famoso è il libro del 1999 di Joanne Harris, Chocolat, da cui nel 2000 viene tratto l'omonimo Chocolat di Lasse Hallström, anche questo molto apprezzato dal pubblico[48].
Altri film dedicati al cioccolato sono:
• Come l'acqua per il cioccolato, di Alfonso Arau (1994)
• Lezioni di cioccolato, di Claudio Cupellini (2007).
Fiere del cioccolato
Ogni anno sono molte le fiere dedicate al cacao e al cioccolato in ogni parte del mondo; in Italia tra le più frequentate possiamo ricordare la Fiera del Cioccolato di Firenze (Piazza Santa Croce), il CioccolaTò di Torino, e la Eurochocolate di Perugia.
Curiosità
• Nel 2000 a Torino è stata realizzata una tavoletta di cioccolato di 1500 kg, ricoperta di 500 kg di nocciole, che si è guadagnata il Guinness dei primati.[49]
• Nel 2001 a Torino è stato realizzato un gianduiotto di 40 quintali.[50]
• Nel 2007 a Timbuktu è stato sperimentato il biodiesel ricavato dal cioccolato.[51]
• La tradizione del cioccolato nel 1800 era talmente radicata a Torino e in Piemonte che gran parte dei cioccolatai attivi in Italia come Gay-Odin a Napoli, la Bottega del cioccolato a Roma sono originari di questa regione.
• La cioccolata è un fluido non newtoniano.
Note:
^ La Stampa.it - Drogarsi di cioccolato
1. ^ Stefano Pallanti, "Una dolce dipendenza"
2. ^ www.bambinopoli.it - Mondo cioccolato
3. ^ (ES) Molinillo
4. ^ a b c d e f g Taccuini storici - Storia della cioccolata
5. ^ a b c d e www.kitchens.it - La storia del cioccolato, il cibo degli dei
6. ^ a b c d www.lamaisonduchocolat.net - La storia del cioccolato
7. ^ vedi cioccolato modicano
8. ^ Sciascia, op. cit.
9. ^ Ciuffoletti, op. cit.
10. ^ Secondo alcuni fu invece il cardinale Alphonse-Louis du Plessis de Richelieu, fratello del più noto Armand-Jean du Plessis de Richelieu, ad introdurlo in Francia: vedi
11. ^ Tuttavia in Europa esistevano già da un secolo i Café, tra cui lo storico Le Procope fondato da un italiano, Francesco Procopio De' Coltelli, chef nella côrte di Francia
12. ^ tecnologico.pbworks.com - Il cioccolato
13. ^ Wolke, op. cit.
14. ^ www.prodottitipici.com - Gianduiotto
15. ^ www.adieta.it - Cioccolato
16. ^ Gianluca Marchionne, Ferrero. Nutella e miliardi
17. ^ Vittorio Malagutti, Nutella in cassaforte
18. ^ a b c d Streglio - Dolci personalità
19. ^ www.menopausa.it - La cioccolata
20. ^ Gioffrè, op. cit., pp. 20-24
21. ^ a b (EN) From Pod to Palate: The Birth Of The Bar, Page 6: Making Chocolate ~ Blending The Cacao Beans
22. ^ Claudio Trivellato, Cioccolato - origini e tecniche
23. ^ (EN) From Pod to Palate: The Birth Of The Bar, Page 7: Making The Chocolate ~ Conching The Chocolate
24. ^ a b c La lavorazione del cacao
25. ^ (EN) From Pod to Palate: The Birth Of The Bar, Page 8: Making The Chocolate ~ Tempering The Chocolate
26. ^ (EN) From Pod to Palate: The Birth Of The Bar, Page 9: Making The Chocolate ~ Molding The Chocolate
27. ^ (EN) From Pod to Palate: The Birth Of The Bar, Page 10: Making The Chocolate ~ Packaging The Chocolate
28. ^ Cioccolato: i valori nutrizionali. URL consultato il 8-11-2009.
29. ^ Abbreviazione di International unit (unità internazionale).
30. ^ Dividere il valore dato in kJ per 4,2 per ottenere il valore in kcal.
31. ^ a b Gli effetti benefici sulla salute del cioccolato (I parte)
32. ^ Ciuffoletti, op. cit., p.84
33. ^ Cioccolato diminuisce rischi infarto
34. ^ Rowan, op. cit.
35. ^ Le ammine biogene: feniletilamina e serotonina
36. ^ a b Roberto Filippini Fantoni, "La cioccolata e i sogni aztechi"
37. ^ Michela Speciani, "Il cacao del buonumore"
38. ^ Cristiana Lo Nigro, "La cioccolata seduce il grande seduttore"
39. ^ AVMA
40. ^ Teobromina
41. ^ Eco-etologia del cavallo sportivo e condizioni che configurano il presunto maltrattamento
42. ^ Preti, op. cit., p. 202
43. ^ L'industria svizzera del cioccolato nel 2008 (pdf, 63 KB)
44. ^ La Svizzera ed il cioccolato: un successo crescente riconosciuto in tutto il mondo
45. ^ (EN) Charlie e la Fabbrica di Cioccolato. Rotten Tomatoes. URL consultato il 30-04-2009.
46. ^ (EN) Charlie e la Fabbrica di Cioccolato al Box Office. Box Office Mojo. URL consultato il 30-04-2009.
47. ^ (EN) Chocolat. Box Office Mojo. URL consultato il 2008-05-29.
48. ^ Candida Iorio, "La tavoletta più grande del mondo!"
49. ^ Candida Iorio, "Super gianduiotto!"
50. ^ Claudia Marzullo, "Benzina al cacao"
Bibliografia
• Nathalie Bailleux; Herve Bizeul, John Feltwell, Regine Kopp, Corby Kummer, Pierre Labanne, Cristina Pauly, Odile Perrard, Mariarosa Schiaffino, The book of chocolate, Parigi, Flammarion, 2001. ISBN 2-08-013588-0
• Maurice Bernachon; Jean-Jacques Bernachon, La passion du chocolat, (in francese) Flammarion, 1993. ISBN 2-08-200063-X
• Caterina Boccali; Francesca Silvestri, Infinito cioccolatare, Perugia, Ali&No, 2000. ISBN 88-87594-39-2
• Alain Bougard, CH comme CHocolat – l'incroyable destin des pionniers du chocolat, (in francese) Slatkine, 2001. ISBN 2-8321-0036-8
• Francesco Chiapparino, L'industria del cioccolato in Italia, Germania e Svizzera. Consumi, mercati e imprese tra Ottocento e Prima guerra mondiale., Bologna, il Mulino, 1997. ISBN 88-15-06265-3
• Zeffiro Ciuffoletti, Dolceamaro: storia e storie dal cacao al cioccolato , Firenze, Alinari, 2003. ISBN 88-7292-441-3
• Chantal Coady, Cioccolatini. Guida ai migliori cioccolatini di tutto il mondo, Rimini, Idealibri, 2000.
• Sophie D. Coe; Michael D. Coe, The True History of Chocolate, (in inglese) Londra, Thames and Hudson Ltd, 2000. ISBN 0-500-28229-3
• C. Costant, Le chocolat du nectar à l'ambrosie, (in francese) Parigi, Nathan, 1988.
• Trish Deseine, Cioccolato!, Guido Tommasi Editore-Datanova, 2003. ISBN 88-86988-46-X
• Mack Domori, Viaggio per amare. Alla ricerca del cacao. Quarantasei poesie, Rimini, Guaraldi, 1999. ISBN 88-8049-155-5
• Rosalba Gioffrè, Cioccolato. Nuove armonie , Giunti Editore, Firenze, 2003. ISBN 88-09-03228-4
• Sara Jayne-Stanes, Il grande libro del cioccolato. Storia, curiosità, varietà e 150 appetitose ricette, Roma, Newton & Compton, 2000. ISBN 88-8289-467-3
• Murray Langham, Cioccolatoterapia dell'amore. Per assaporare le relazioni di coppia, Salani, 2003. ISBN 88-8451-256-5
• Nicoletta Negri, Cioccolato che passione!, Mondadori Electa, 2004. ISBN 88-370-2381-2
• G. Preti, Il gelato artigianale italiano , Hoepli, 1985. ISBN 88-203-1338-3
• Jacobsen Rowan, I benefici del cioccolato , Red Edizioni, 2005. ISBN 88-7447-255-2
• Maria Rosa Schiaffino, Cioccolato e cioccolatini, Milano, Idealibri, 1985. ISBN 88-7082-032-7
• Wolfgang Schivelbusch, Storia dei generi voluttuari: spezie, caffè, cioccolato, tabacco, alcool e altre droghe, Milano, Mondadori, 1999. ISBN 88-424-9487-9
• Leonardo Sciascia; Giuseppe Leone, La contea di Modica, Milano, 1983. ISBN 88-435-0980-2
• La cucina italiana. Cioccolato, Piemme, 2003. ISBN 88-384-6629-7
• Robert L. Wolke, Einstein al suo cuoco la raccontava così , Apogeo Editore, 2005. p. 28 ISBN 88-503-2334-4
Voci correlate
• Theobroma cacao
• Burro di cacao
• Cioccolata calda
• Cioccolatino
• Cioccolato delle forze armate statunitensi
• Cioccolato modicano
• Eurochocolate
• Uovo di Pasqua
{ Ricerche e Documentazione: alessandro_corsi2012@yahoo.com – porsenna45@gmail.com – Tel.040 815003 – Cell. 345 2117621 – 34145 TRIESTE Via Capodistria 30 }

domenica 11 luglio 2010

I M M I G R A T I: Un documento PREZIOSISSIMO che fa chiarezza sulla reale situazione FRA ITALIANI e STRANIERI !!!


«MANDIAMOLI A CASA»,
I LUOGHI COMUNI.
Razzismo e pregiudizi:
istruzioni per l’uso.
2
«Gli stranieri sono il 23%!»
È la percezione della presenza degli stranieri in Italia: gli italiani hanno la percezione che gli
immigrati siano il 23% della popolazione residente, ovvero pensano che gli stranieri presenti siano
quasi quattro volte quelli che risiedono realmente in Italia (il rapporto più alto di tutto l’Occidente).
In realtà le cose stanno diversamente. Vediamo, nel dettaglio, ‘come’, cercando di rispondere ai
luoghi comuni che attraversano il Paese e animano il dibattito pubblico.
Fonte: Transatlantic Trends Immigration 2009
Quanti sono gli immigrati regolari e irregolari
Per tentare di comprendere il fenomeno migratorio senza pregiudizi e condizionamenti è
indispensabile osservare i numeri della presenza straniera in Italia.
4,4 milioni di stranieri regolari e 420mila irregolari. Al 1° gennaio 2009 gli immigrati presenti in Italia
erano oltre 4,8 milioni (circa mezzo milione in più rispetto al 2008) di cui i regolari sono 4,4 milioni.
La comunità più numerosa è quella romena con 968mila presenze (21% del totale), seguita
dall’albanese e dalla marocchina (538mila e 497mila). Rispetto al 2008, gli immigrati irregolari
diminuiscono sensibilmente, secondo le stime (un calo superiore al 30%).
Rispetto al 2008 e nonostante la crisi economica, si registra un aumento dell’occupazione straniera
nel corso dell’anno di 222mila unità, a fronte di un calo dell’’occupazione italiana di 426mila unità.
Parallelamente all’occupazione però, si registra anche un incremento della disoccupazione tra gli
immigrati di 200 mila unità.
Rispetto alla popolazione italiana, la presenza degli immigrati si situa tra il 5,8% dell’inizio 2008, al
6,5% del 2009, al 7,3% (stima) del 2010.
Fonti: analisi Ismu e dati Istat
Da dove vengono?
La provenienza della popolazione straniera è differente.
Questo è un dato che ci differenzia dai paesi europei di più antica immigrazione e con un passato
coloniale, dove la prevalenza di “minoranze etniche” (come vengono definite nel mondo
anglosassone) provenienti dalle ex-colonie è molto forte e radicata territorialmente in alcune aree
geografiche o, all’interno delle stesse città, in quartieri periferici specifici e connotati etnicamente.
In Italia la pluralità delle provenienze nazionali e l’insediamento diffuso sul territorio (anche se con
alcune “punte” nel Centro Nord) favorisce i processi d’integrazione e di mix sociale.
La provenienza degli stranieri in Italia
Rumeni 968.000 +21%
Albanesi 538.000 +11,7%
Marocchini 497.000 +10,8%
Cinesi 215.000 +4,7%
Ucraini 200.000 +4,3%
Filippini 145.000 +3,1%
Dopo l’ingresso della Romania nella UE, i rumeni sono divenuti la prima etnia presente. Questo dato
non è frutto di una speciale propensione dei rumeni a trasferirsi nel nostro paese, bensì dell’ingresso
nell’Unione europea della Romania dal 1 gennaio del 2007: come qualsiasi cittadino dell’Unione, essi
godono della libertà di circolazione nei 27 paesi aderenti all’Unione Europea.
Inoltre molti cittadini di origine rumena registrati statisticamente dal 2007, sono semplicemente
‘emersi’ da una condizione di clandestinità precedente.
Il dato sulla presenza di stranieri in Italia va necessariamente considerato, prestando maggiore
attenzione agli immigrati senza permesso di soggiorno (definizione più corretta di ‘clandestini’,
termine impreciso e inteso in senso strumentale). Costoro sono la componente che più spesso entra
nel dibattito politico e che desta maggiore allarme sociale nell’opinione pubblica.
Fonte: Ismu
3
«Tutti questi clandestini!»
Chi sono gli irregolari?
L’immigrazione irregolare ha varie origini, spesso sorprendenti: infatti, la maggior parte degli
irregolari sono asiatici. In particolare, le stime della Fondazione Ismu del 2008 rilevano che la
comunità asiatica proveniente da Cina (10% di tutti gli irregolari), Bangladesh (9,9%), India (7%) e
Pakistan (5%) raccoglie più di 207.000 individui irregolari complessivamente pari a quasi un terzo
dei 651.000 totali.
La nazionalità dove si ritrova il maggior tasso di irregolarità è quella marocchina (17,1% di tutti gli
irregolari, pari a 111.300 persone irregolari): la presenza irregolare di origine nordafricana è pure
molto forte, con un totale di circa 135.000 persone se ai marocchini si aggiungono gli Egiziani (3,7%).
La provenienza dell’Est Europa tra Ucraina (6,3%) e Moldova (5,1) vede 72.500 irregolari.
Come si diventa clandestini?
Quasi tutti gli immigrati che giungono in Italia sono, all’inizio del loro percorso, «clandestini». Altri, lo
diventano dopo essere stati regolari. La Caritas segnala che numerosi immigrati iniziano da regolari
la loro storia migratoria e finiscono nell’irregolarità, per la complessità e la contraddittorietà di
alcuni aspetti della normativa. Alcuni casi sono esemplificativi. Un lavoratore che ha un incidente sul
lavoro lo denuncia all'INAIL, è dichiarato inabile al lavoro dall'Asl e avrebbe diritto alla pensione di
invalidità Inps. Però, essendo inabile al lavoro, non ha più un contratto di lavoro e non può rinnovare il
permesso di soggiorno, quindi diventa irregolare. Ancora: un minore disabile (regolarmente
registrato sul permesso di soggiorno dei suoi genitori) al compimento dei 18 anni in quanto inabile al
lavoro non può avere un contratto di lavoro quindi non può avere il permesso di soggiorno. Non è
previsto nessun tipo di "affidamento in tutela" ai suoi genitori.
«E vengono tutti qui!»
Guardando ai dati del 2008 (gli ultimi che consentono una comparazione tra l’Italia e gli altri Paesi
europei, gli immigrati rappresentano complessivamente circa il 6% della popolazione: tale dato è in
linea con la media UE a 27 che si attesta al 6,2%. Questo dato tuttavia tiene conto di Paesi, come
quelli neocomunitari, dove la presenza straniera è praticamente inesistente. Invece, se si compara il
dato italiano con quello di paesi nostri competitor osserviamo che quello italiano è tra i più bassi. Per
cogliere il reale significato di questi dati è necessario anche conoscere le legislazioni nazionali
sull’acquisizione della cittadinanza. Mentre in Spagna vige una normativa simile alla nostra
(principio dello jus sanguinis: la cittadinanza dipende dalla nascita da genitore cittadino italiano e
da quello della residenza prolungata nel paese ospitante), in Francia vige sia il principio dello jus soli
(chi nasce sul territorio ha la cittadinanza), sia quello dello jus sanguinis. In Gran Bretagna fino al 1983
la cittadinanza era largamente concessa anche ai cittadini delle numerosissime colonie. È chiaro
dunque che i dati britannici e francesi devono essere ricalibrati in aumento, se si vuole considerare il
reale impatto sociale del fenomeno migratorio.
Percentuale di stranieri nei Paesi UE (2008)
EU27 6,2%
EU25 6,6%
EU15 8,9%
Irlanda 12,6%
Spagna 11,6%
Austria 10,2%
Germania 8,8%
Gran Bretagna 6,6%
Italia 5,8%
Francia 5,7%
È nato il bambino 60 milioni
Nel dicembre del 2008 la popolazione italiana ha raggiunto il traguardo di 60 milioni di individui
sostanzialmente grazie all’apporto degli immigrati: la popolazione italiana cresce per il 92% grazie
4
agli stranieri; il saldo naturale italiano (differenza fra nati e vivi) inoltre rimane prossimo al pareggio
grazie alla popolazione straniera (saldo degli stranieri uguale a +60.379 contro quello degli italiani di
-67.249). Sul totale dei nati in Italia l’11,4% ha genitori di origine non italiana.
È evidente dunque che gli stranieri sono una componente indispensabile a livello demografico per
mantenere l’Italia un paese giovane. Contrastare il costante invecchiamento italiano e combattere le
sue gravi conseguenze sociali in termini di spesa pensionistica ed assistenziale si rivelerà una sfida
imprescindibile per l’Italia: in questi termini la presenza straniera si sta dimostrando essenziale.
Fonti
Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
Rapporto Ismu 2009
«Non gli facciamo costruire le moschee,
perché al loro paese non ci fanno costruire le chiese»
Nei paesi islamici sono presenti molte chiese cattoliche
Molti politici invocano la reciprocità, un concetto del tutto erroneo, perché induce a negare diritti a
individui per il semplice fatto che provengono da Paesi dove questi diritti sono negati. Questo
argomento è spesso richiamato quando si parla di luoghi di culto.
Nei paesi islamici i cristiani sono un numero molto esiguo, ma è comunque loro garantito un luogo
di culto. Ancora una volta i dati sono eloquenti: ad esempio in Marocco i cattolici sono circa 27 mila,
pari a meno dello 0,1%, su una popolazione di 33.757.750 abitanti. Il Marocco ospita 3 cattedrali e 78
chiese.
Il Marocco non è l’unico esempio dove sia garantita ampia libertà di culto. È agevole accertare in
tutti i paesi islamici la presenza di basiliche e cattedrali per le quali esistono statistiche più
attendibili rispetto a quelle riferite alle chiese. Citando solo i principali paesi islamici, dove è il caso
di ricordare che spesso i cristiani costituiscono una piccolissima minoranza: si contano trentadue
cattedrali in Indonesia, una cattedrale in Tunisia, sette cattedrali in Senegal, cinque cattedrali in
Egitto, quattro cattedrali e due basiliche in Turchia, quattro cattedrali in Bosnia, una cattedrale negli
Emirati Arabi Uniti, sette cattedrali in Pakistan, sei cattedrali in Bangladesh. L’unico paese in cui non
vi è la presenza di luoghi di culto cristiani è l’Arabia Saudita il cui governo ha avviato una campagna
contro le religioni diverse da quella islamica. Come tutti sanno, dall’Arabia Saudita provengono
pochissimi immigrati.
In ogni caso, negare luoghi di culto riconosciuti è del tutto contrario alla nostra Costituzione (artt. 19 e
20). Secondo l’Ismu è del tutto auspicabile che vi siano luoghi di culto riconosciuti anche sotto il
profilo della sicurezza.
Da ultimo, leggendo un’analisi del Comune di Monza (sindaco leghista), si può notare che su 24mila
persone che si dichiarano musulmane in Brianza, solo 4mila sono osservanti.
La maggioranza degli stranieri è cristiana
Ridurre il problema della libertà di culto alla costruzione o meno di moschee non è rappresentativo
delle religioni professate realmente tra gli immigrati; infatti, tra gli stranieri i cristiani sono quasi il
doppio dei musulmani.
Religioni tra gli stranieri
Musulmani 1.200.000
Cattolici 860.000
Altri cristiani 1.100.000
Altre confessioni (induisti, buddisti, sikh) 200.000
Atei 230.000
Non dichiarati 80.000
Non ci sarà nei prossimi anni un’esplosione di fedeli musulmani
In termini di crescita l'aumento dei musulmani, tra il 2009 e il 2030, sarà nell'ordine del 139% e
risulterà simile a quello dei cattolici (+137%), sia a quello dell'insieme degli aderenti alle altre
religioni minori (+130%).
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Fonte: Rapporto Ismu 2009
«Vengono qua e ci rubano il posto, lavorando in nero»
Gli immigrati hanno lavori regolari
La quasi totalità di immigrati adulti con permesso di soggiorno presenti in Italia sono iscritti all’Inps:
ciò significa che questi lavori contribuiscono al sistema statale italiano senza alimentare il fenomeno
del lavoro nero. I dati che si riferiscono all’anno 2007 sono abbastanza eloquenti: gli assicurati
stranieri sono 2.173.545, pari al 92% di tutta la popolazione straniera regolare censita.
È evidente che il lavoro nero sarà invece l’unica opzione per gli immigrati senza permesso di
soggiorno, in quanto la legge impedisce loro di essere assunti in modo regolare, non avendo i
documenti in regola.
Gli immigrati fanno lavori che gli italiani non farebbero
Occupati totali (%) Occupati stranieri (%)
Dirigenti e imprenditori 4,69 1,25
Professioni intellettuali 10,79 1,58
Professioni tecniche 21,57 4,74
Impiegati 10,68 3,23
Vendite e servizi personali 15,67 16,92
Artigiani, operai specializzati,
agricoltori
18,21 29,36
Conduttori di impianti 8,38 12,84
Personale non qualificato 8,75 30,15
Forze armate 1,05 0,0
Totale 100,0 100,0
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, I trimestre 2008.
Gli occupati stranieri svolgono lavori che si concentrano tra quelli manuali e poco specializzati,
anche se non mancano quelli professionali e impiegatizi; il 72% è personale non qualificato,
conduttore di impianti, artigiano o operaio specializzato, mentre il rimanente svolge professioni
intellettuali o tecniche ovvero è dirigente, imprenditore, impiegato o dipendente nel settore del
commercio e dei servizi. Tra gli italiani queste percentuali sono esattamente invertite con un 37% di
lavoratori che svolgono mansioni manuali. A confermare il dato che gli immigrati svolgono lavori
che non sarebbero occupati da italiani arrivano anche ricerche condotte dall’Inps. Gli studiosi
statistici dell’Istituto confermano che il lavoro straniero ha quasi naturalmente colmato un vuoto
provocato da fattori demografici. Infatti le classi d’età più presenti tra gli stranieri nel mondo del
lavoro regolare sono quella dei 25/29 anni e quella 30/35. Le corrispondenti generazioni italiane sono
quelle meno numerose in seguito al calo delle nascite e al basso tasso di natalità.
I dati dei vari Decreti Flussi confermano ancora la grande richiesta di lavoro da parte di imprenditori
italiani. Le richieste di lavoro nominative nel 2006 sono state 500.000 e nel 2007 ha superato le
740.000. Per la gran parte, il 48,9%, queste domande si riferiscono a lavoro domestico o assistenziale
alla persona; nel settore edilizia sono state il 17,7% e per altri settori produttivi, operai o agricoltori, il
33,4%. Le mansioni che svolgono i lavoratori assunti con questa modalità sono nel 95% dei casi non
specializzate.
Gli immigrati migliorano la possibilità d’impiego degli italiani
L’incremento del numero di stranieri non si è associato a un peggioramento delle opportunità
occupazionali degli italiani. In particolare il lavoro straniero permette alle donne italiane, che hanno
tassi di occupazione bassissima rispetto alla media europea, di essere impiegate, in quanto gli
immigrati svolgono mansioni di assistenza domestica e familiare che altrimenti sarebbero svolte
dalle potenziali lavoratrici italiane.
Dalle analisi Bankitalia l’esistenza di tale complementarietà tra gli stranieri e le donne è un dato
specificamente italiano ed è evidente: «per le donne la crescente presenza straniera attenuerebbe
vincoli legati alla presenza di figli e all’assistenza familiare dei più anziani, permettendo di
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aumentare l’offerta di lavoro». Inoltre, l’effettuazione di mansioni tecniche da parte di individui
stranieri permette alle imprese di espandersi e dunque di assumere personale che svolge mansioni
dirigenziali: si afferma che il lavoro di stranieri impiegati con mansioni tecniche «può aver sostenuto
la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative».
Infine, non bisogna sottovalutare il lavoro che imprenditori stranieri danno a lavoratori italiani: a fine
2008 si contavano circa 240mila cittadini stranieri titolari di impresa (il 7% del totale), in prevalenza
a carattere artigiano, che garantiscono il lavoro anche ad alcuni dipendenti (attorno ai 200mila,
secondo la stima riportata in ImmigratImprenditori della Fondazione Ethnoland). Il Dossier Caritas
2008 stima che questo settore, tenendo anche conto dei soci e delle persone coinvolte in altri ruoli,
impieghi mezzo milione di persone.
Gli stranieri contribuiscono al PIL in modo significativo
Nel 2007 il contributo degli stranieri è stato del 9,1% del PIL. Considerato che la loro presenza era
pari al 5,8% della popolazione, il contributo al PIL di uno straniero è mediamente più alto di quello di
un italiano. Questo dato può essere solo in parte spiegato con una differenza anagrafica della
popolazione straniera, in quanto gli italiani svolgono lavori più specializzati a più alta produttività e
che dovrebbero contribuire maggiormente al prodotto economico italiano.
Fonti:
Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Rapporto Ismu 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
Laura Squillaci, Inps, il «tesoro» degli immigrati, Il Sole 24ore, 1.9.2008
Giuseppe Maddaluna e Francesco Papa, I giovani stranieri danno ossigeno ai conti del welfare, Il Sole 24ore, 1.9.2008
Dossier Banca d’Italia, L’economia delle regioni italiane nell’anno 2008
«Quelli che vengono sono i peggiori!»
L’Associazione Naga da anni aiuta immigrati senza permesso di soggiorno nella zona di Milano: nel
2008 ha considerato la condizione dei 4.400 immigrati che hanno chiesto assistenza.
Gli immigrati al loro arrivo non conoscono la lingua e non si sanno orientare nel paese; una volta
avuto il tempo di ambientarsi in Italia trovano facilmente occupazione: questo vale tanto per gli
stranieri irregolari che regolari.
A parità di “voglia di lavorare” le occasioni di lavoro dovrebbero aumentare in relazione alla durata
della loro permanenza. Ed è proprio quello che succede sul campione “Naga”: le percentuali di
occupati per coloro che risiedono in Italia da meno di un anno è solo del 34%, ma dopo due anni
arriva a circa il 65% fino ad arrivare al 76% dopo quattro anni.
I dati Naga segnalano che la quota di immigrati irregolari che lavorano è assolutamente uguale a
quella della popolazione italiana. La media di occupati nella popolazione italiana tra i 15-65 anni è
del 58,7% che sale in Lombardia al 66,7%: il campione Naga registra un tasso del 60% ma bisogna
comunque tenere conto che un quarto del campione è in Italia da meno di un anno: al crescere della
permanenza gli irregolari occupati arrivano a superare il dato riferito agli italiani.
Tassi di occupazione (15-64): popolazione italiana e dati Naga
Rapporto Naga 2008
In Italia da anni:
Popolazione Italiana Istat
2007
Totale 0-1 1-2 2-3 3-4 4 o più Pop. it. Pop. lomb.
Tasso di
occupazione
(%)
61,6 33,8 65,1 73,9 76,1 70,4 58,7 66,7
Gli immigrati hanno studiato
Gli immigrati hanno spesso un titolo di studi superiore conseguito nel proprio Paese d’origine e sono
comunque istruiti. La comunità di Sant’Egidio segnala che su circa 32.000 studenti che hanno
frequentato la scuola di lingua italiana evidenzia che l’86% ha studiato nel loro paese di origine oltre
11 anni e il 37% è in possesso di un diploma di laurea.
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La stessa realtà è evidenziata dal già richiamato rapporto Naga 2009 che riguarda solo immigrati
senza documenti in regola: gli analfabeti sono il 4,2%, coloro che hanno un titolo di scuola media
superiore sono il 42,8%, mentre i laureati sono il 10,2%.
Gli immigrati hanno spesso un’istruzione uguale o superiore alla media agli italiani.
Se consideriamo i dati della popolazione con cittadinanza italiana, le percentuali sono assolutamente
paragonabili (se non addirittura peggiori). Interessante notare come un decimo degli irregolari
considerati abbia una laurea contro il 12% della popolazione italiana.
Rapporto Naga, 2008 Popolazione italiana, Istat 2007
Totale
15-64 25-34 35-44 Totale
15-64 25-34 35-44
Analfabeta 4,0 3,3 4,6 - - -
Scuola elementare 11,0 9,9 11,6 12,7 3,6 5,9
Scuola media inferiore 31,7 30,6 30,1 36,5 28,9 39,1
Scuola superiore 43,1 44,2 41,9 38,8 48,7 41,0
Università 10,1 12,0 11,7 12,0 18,9 14,0
Non esiste un aumento del tasso di criminalità legato all’immigrazione
I tassi di criminalità, cioè il numero dei reati ascritti a stranieri sul totale della popolazione straniera,
non è molto dissimile da quello degli italiani: gli italiani fanno segnare secondo dati del Ministero
dell’Interno lo 0,7%, mentre gli stranieri salgono al 3,8% (tra questi vengono conteggiati anche reati
legati alla immigrazione clandestina (false dichiarazioni sull’identità, ecc). Se si considerano gli
immigrati regolari il rapporto, infatti, scende all’1,4%.
La tesi di una corrispondenza diretta tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro
commessi viene rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia anche sui dati di “lungo
periodo”: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si è quintuplicato, mentre la
criminalità ha mostrato una lieve flessione.
Il rapporto della Banca d’Italia conclude: «in linea teorica non c'è stato un aumento diretto della
criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati
contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)».
I clandestini non sono criminali per natura
Non vi è un parallelismo tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi. Ad esempio,
abbiamo visto che circa un terzo della popolazione straniera senza permesso di soggiorno ha
provenienza asiatica; i dati del Ministero dell’Interno segnalano anche che gli arrestati e denunciati di
queste etnie è ridotta.
Gli stessi dati del Viminale lo evidenziano che un’equivalenza fra criminalità ed irregolarità è
semplicistica e non rappresentativa del fenomeno criminale.
Fonti
Paolo Buonanno e Paolo Pinotti, Do immigrants cause crime? - Paris School of Economics Working Paper n. 2008-05
Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Rapporto Naga 2009
Comunità di Sant’Egidio Rapporto 2009 sull’immigrazione
Carlo Devillanova, Francesco Fasani e Tommaso Frattini, Lavorare a Milano. Da Clandestini, Lavoce.info, 28.12.2009
Caritas su dati Ministero dell’Interno e ISTAT (2005)
Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007
«Meno immigrati, meno criminali»
Si tratta della frase pronunciata da Berlusconi (un luogo comune diventato premier) il 28 gennaio
2010. La popolazione straniera, nella condizione di migrante, è più esposta della popolazione
residente alle attività criminali. Ciò è un dato confermato in tutti i Paesi europei. Parlare, però, di
un’equazione tra immigrazione e aumento della criminalità è errato e fuorviante. Nonostante la
percezione vada nella direzione opposta, infatti, non si può affermare che i flussi migratori hanno
aumentato i pericoli per la popolazione italiana.
È senz’altro vero che da quando l’immigrazione è divenuto un fenomeno allarmante, cioè dal 2001 al
2005 (anno in cui vi sono rilevazioni di Istat e Ministero dell’Interno), le denunce a carico di stranieri
sono leggermente aumentate passando da 513mila a 550mila ma bisogna considerare che la
popolazione straniera regolare è allo stesso tempo raddoppiata (da 1.334.889 a 2.670.514 persone
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regolarmente presenti) e che nel dato sulle denunce si tiene conto degli stranieri senza permesso di
soggiorno.
La quota di stranieri denunciati sul totale degli stranieri regolari in Italia si ferma al di sotto del 2%.
La tesi della corrispondenza tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi è
rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia: il numero dei permessi di soggiorno nel
periodo 1990-2003 si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione.
Anche per gli stranieri irregolari, a cui il premier sembrava soprattutto riferirsi, una comparazione tra
criminalità e clandestinità è difficile se si considera che il numero dei “clandestini” è andato
continuamente mutando negli anni a seguito delle regolarizzazioni. A tali cambiamenti, tuttavia, non
ha mai corrisposto un aumento o una diminuzione dei crimini.
Si può anche considerare che l’Istat riporta come le condanne a carico di stranieri siano rimaste
praticamente stabili si va dal 26,6% del 2001 al 26% del 2006: naturalmente tra questi vengono
conteggiati anche gli irregolari.
I reati che vengono commessi dagli stranieri può essere messo in qualche modo in connessione con
la loro condizione di vita. Secondo quanto riporta il Ministero dell’Interno l’incidenza degli stranieri
tra i denunciati varia molto a seconda dei reati. Si va da incidenze basse, come il 3% per le rapine in
banca o il 6% per quelle negli uffici postali, al poco meno del 70% che caratterizza i borseggi, ovvero
quelli che la classificazione riportata definisce “furti con destrezza”. Interessante è infine notare che
per gli atti di libidine (tra cui rientrano i reati sessuali) sono stati denunciati cittadini stranieri nella
misura del 9%.
Il grafico mostra come all’aumentare della presenza degli stranieri i crimini siano rimasti
sostanzialmente stabili.
Fonti
Ministero dell’Interno
Istat, Italia in cifre, anni 2007, 2008, 2009
Dossier Caritas/Migrantes sulla Criminalità – Ottobre 2009
Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007
Caritas su dati Ministero dell’Interno e ISTAT (2005)
2001 2002 2003 2004 2005 2006
Totale denunce 2.163.826 2.231.535 2.458.887 2.417.716 2.579.124 2.771.440
Denunce totali a carico di noti 513.112 453.533 616.678 571.476 550.590 n.d
Denunce a carico di stranieri 89.390
(17,4%)
102.545
(22,6%)
116.392
(18,8%)
116.920
(22,6%)
130.458
(23,7%) n.d
Condanne a carico di stranieri 26,6% 17,2% 21,4% 26% 21,9% 26%
Stranieri irregolari presenti n.d 850.000 n.d n.d 541.000 650.000
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«Infatti sono tutti in galera»
E il reato di immigrazione clandestina?
I detenuti stranieri costituiscono una buon parte del totale: sono il 37,4% con differenze importanti
da zona a zona. Nel Nord l’incidenza è particolarmente forte: si va dal 69,7% della Valle d’Aosta al
46,4% della Lombardia e in tutte le Regioni la percentuale si attesta sopra il 50%. Al Sud il dato è
meno drammatico ma comunque rilevante: spicca il Lazio con il 40,9% e seguono le altre con
percentuali che si aggirano nella media del 20-25%, fino alla Campania con il 13,1%.
È senz’altro vero che la popolazione carceraria è composta in maniera preponderante da stranieri
soprattutto se in rapporto alla popolazione. È anche vero che bisogna analizzare i reati per i quali
sono perseguiti per comprendere la loro effettiva pericolosità sociale.
Moltissimi immigrati finiscono in carcere per infrazioni legate alla loro condizione di clandestinità:
sul totale delle denunce a carico di stranieri, infatti, quasi il 30% delle denunce è legato
all’immigrazione clandestina. In particolare: trasgressione delle leggi in materia di immigrazione
(14,7%), false dichiarazioni sull’identità (4,2%), resistenza a pubblico ufficiale (3,8%), falsità di privati
in atti pubblici e atti falsi (3,4%). In questa rassegna non è ricompresa la nuova fattispecie di
immigrazione clandestina (il ‘reato’ introdotto dal governo Berlusconi) che potrebbe aumentare di
molto le statistiche.
Su un totale di circa 65mila detenuti, il 37%, è composto da immigrati provenienti per lo più dal Nord
Africa, dalla Romania e dall’Albania. Più precisamente sono circa 4.333 i detenuti stranieri
provenienti da paesi comunitari e 19.666 quelli da paesi extracomunitari. Negli istituti penitenziari
del Nord la percentuale di detenuti stranieri oscilla tra il 60 e il 70% e in alcune carceri si arriva
all’83% (Padova).
La motivazione dell’arresto degli stranieri è spesso legata a piccoli reati, per i quali è prevista una
pena detentiva di breve durata, in alcuni casi inferiore a sette giorni, e alla mancata concessione di
misure alternative alla pena detentiva, che – invece – sono usualmente concesse agli italiani.
Agli stranieri, infatti, proprio in ragione del loro status sociale e del loro mancato radicamento
all’interno di una comunità territoriale, le forme alternative di esecuzione della pena previste
dall’Ordinamento Penitenziario sono raramente applicate. Tuttavia, i dati forniti dallo stesso Ministero
della Giustizia confermano che la mancata concessione delle misure alternative influisce
negativamente sui comportamenti recidivanti dei condannati. In altri termini, sussiste un maggior
numero di recidivi tra coloro che hanno dovuto scontare l’intera pena in carcere rispetto a quelli ai
quali è stata concessa una misura alternativa per i quali, pertanto, è maggiormente facilitato il
reinserimento nel tessuto sociale. Ciò vale per gli italiani e per gli stranieri.
Fonti
Osservatorio ItaliaRazzismo
Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Rapporto Ismu 2009
Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, Prevenzione, Contrasto, Ministero dell’Interno, 2007
Transcrime
«Vengono qui e si fanno curare a nostre spese»
Per la verità pagano le nostre pensioni
Il sistema previdenziale è costruito su un sottile equilibrio tra lavoratori e pensionati: i primi pagano
la pensione ai secondi, in attesa di andare in pensione. Quindi più pensionati ci sono, più lavoratori
sono necessari perché il sistema non collassi.
I lavoratori immigrati hanno contribuito a tenere alto il rapporto tra lavoratori e pensionati con la loro
partecipazione all’Inps. Lavoce.info ha sottolineato come l’istituto di previdenza sia in attivo
sostanzialmente per i contributi stranieri: l’apporto degli immigrati appare il fattore più rilevante
proprio perché rappresenta il fatto nuovo e più significativo dell’ultimo decennio in termini di
crescita degli occupati e dei relativi contributi previdenziali, in grado di spiegare, quasi da solo,
accanto all’aumento delle aliquote, il mutamento nei conti economici dell’Inps.
La tabella riportata lo dimostra.
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Anno 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008
Lavoratori stranieri Inps (in milioni) 1 1.4 1.5 1.6 1.8 1.9 2.1 2.2
Bilancio Inps: Risultato di esercizio
(in miliardi di euro) +1 +3.1 +0.4 +5.2 +2 +1.2 +6.9 +6.9
I dati dell’Inps mostrano come i contributi degli immigrati nel 2008 siano circa il 4% del totale, pari a
circa 6,5 miliardi; tali cifre sono incrementate nettamente negli ultimi anni con un aumento di 4
miliardi dall’inizio del decennio. Quindi, i contributi degli stranieri pagano il 4% delle nostre pensioni.
Gli stranieri saranno pensionati solo fra molti anni, non “pesando” così sul bilancio dell’Inps. Questo in
quanto l’età media degli stranieri residenti è 30,9 anni, mentre quella degli italiani è di 43,5 anni.
Inoltre, Lavoce.info sottolinea che gli immigrati stranieri realmente percettori di una prestazione Inps
sono un numero esiguo, inferiore al 2%.
Gli immigrati pagano le tasse (e pochissimi le evadono)
L’Agenzia delle entrate ha reso noti i dati che si riferiscono alle dichiarazioni dei redditi per l’anno
2004, quando sono state presentate 2.259.000 dichiarazioni da parte di cittadini stranieri. L’81%
degli stranieri regolari all’epoca aveva dichiarato di percepire redditi. Dal 2004 al 2008, l’apporto
degli immigrati al gettito è passato da 1,87 miliardi a 3,2 miliardi di euro.
Quanto ci abbiamo guadagnato dalle sanatorie
La regolarizzazione del settembre 2009 si è chiusa con 294.744 domande di assunzione di
lavoratori non comunitari come collaboratori familiari o badanti: l’operazione ha fruttato 154 milioni
di euro in contributi arretrati e marche, mentre nel periodo 2010-2012 farà entrare nelle casse
dell’Inps 1,3 miliardi di euro supplementari.
Contribuiscono più di quanto percepiscano
È evidente che per il sistema previdenziale gli immigrati sono più una risorsa che una zavorra.
Il rapporto Caritas 2008 evidenzia che secondo i dati del 2005, per interventi diretti rivolti
specificamente agli immigrati sono stati spesi dai comuni 136,7 milioni di euro, il 2,4% della loro
spesa sociale, pari a 53,9 euro pro capite. Tenendo conto che gli immigrati sono anche beneficiari dei
servizi rivolti alla generalità della popolazione, le somme utilizzate a loro beneficio potrebbero salire
al massimo a 1 miliardo di euro e dunque sarebbero abbondantemente coperte dalle entrate che essi
garantiscono.
Altre studi della Banca d’Italia, pur nella difficoltà di calcolare l’incidenza degli immigrati sulla spesa
sociale, confermano che agli immigrati vada circa il 2,5% di tutte le spese di istruzione, pensione,
sanità e prestazioni di sostegno al reddito, al massimo la metà di quello che assicurano in termini di
gettito.
Fonti
Dossier Caritas 2008 e 2009
Rapporto Ismu 2009
Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009
E l’immigrato aiuta le pensioni degli italiani, Andrea Stuppini, 01.12.2009, Lavoce.info
«Nelle graduatorie per la casa sono favoriti gli stranieri»
Gli immigrati non sono favoriti nei criteri
Per considerare l’incidenza degli stranieri sulle case popolari è stata considerata la situazione del
Comune di Torino dove esistono circa 18.000 alloggi pubblici.
I criteri per assegnare le case popolari non favoriscono gli stranieri, anzi. Infatti i parametri di cui si
tiene conto in prima battuta per stilare le graduatorie sono reddito (che però assegna un punteggio
poco rilevante) e numero di componenti solo se superiore a 5 unità. In seconda battuta si tiene conto
dell’età e di eventuali disabilità che abbia il soggetto. Gli immigrati sono tendenzialmente giovani,
perfettamente abili e con nuclei familiari sotto le 5 unità.
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Prima gli italiani: gli immigrati non vincono nelle graduatorie
Negli ultimi anni a Torino i bandi per l’assegnazione degli alloggi pubblici sono stati nel 2004 e nel
2009. Le domande presentate da cittadini stranieri sono state una buona parte del totale (nel 2004
sono il 31% e nel 2009 salgono al 45%), tuttavia solo pochi sono effettivamente assegnatari di case
popolari: rispetto al bando 2004 solo il 10% è rappresentato da stranieri.
Fonte: Assessorato alle politiche per la casa, Comune di Torino
Il dato reale
Spesso si sete dire «gli stranieri rubano le case agli italiani», oppure che nella graduatoria per
l'assegnazione delle case popolari «loro hanno sempre la precedenza»? I dati dell'assessorato alle
Politiche della casa del Comune di Genova spazzano via i luoghi comuni. Meno del 5% degli alloggi
a disposizione è stato assegnato ad un "nuovo" genovese. Il riferimento è all'ultimo bando
pubblicato a fine 2007: dal primo gennaio 2009 al 15 dicembre passato, sono stati assegnati 115
alloggi ad altrettanti cittadini italiani. È il 69,28%. Ai genovesi di origine straniera sono andati 9
alloggi in tutto, il 7,83%. Vanno anche considerate le 61 sistemazioni provvisorie: di queste solo 10
relative ad extracomunitari. Insomma, per 185 abitazioni messe a disposizione dal Comune ci sono 9
contratti stipulati da extracomunitari. Erano state presentate 3.182 domande, poco meno di un quarto
da non italiani: di questi, 52 con cittadinanza europea, gli altri 702 provenienti da continenti diversi.
A Bologna, le richieste di una casa al Comune da parte di stranieri nell´ultima graduatoria
(aggiornata ad agosto 2009) sono il 46% del totale, mentre nelle assegnazioni si fermano a quota
35% (77 alloggi contro i 142 assegnati a italiani). Sui 12.458 alloggi popolari attualmente assegnati
dal Comune di Bologna, 1.122 sono occupati da stranieri (9,64%). Dato da confrontare con la
percentuale dei residenti che arrivano dall'estero: a Bologna sono l’11,2%.
Per quanto riguarda le graduatorie, facendo riferimento al Comune di Monza, graduatoria 2008
(terzo bando, 2° semestre), nelle prime 100 assegnazioni, sono 22 gli stranieri assegnatari.
Fonti
Repubblica Metropoli su dati Comune di Genova e di Bologna.
Comune di Monza.
Gli immigrati comprano casa
Prato è la provincia italiana con la più alta percentuale di acquisti di stranieri, sul totale mercato
immobiliare (23%), seguita da Roma (16,5%), Torino (11,5%), Venezia (9,2%), Milano (7,8%) e Bologna
(6%). Nel 2009 a comprare una casa sono stati soprattutto rumeni, cinesi e indiani. Prima della crisi,
che ha visto un calo molto sensibile nelle transazioni, erano gli immigrati a contribuire decisamente
all’attenuazione della flessione del mercato immobiliare italiano (circa 130mila nel 2006 e 2007, più
di 100mila abitazioni acquistate nel 2008, 78mila nel 2009).
Il dato dell’acquisto sul totale del mercato nel 2008 (prima della sensibile diminuzione di cui
abbiamo parlato): Provincia di Milano 9%. Bergamo 13,6%. Brescia 14%. Como 14,9%, Padova 10,4%.
Torino 18,4%. Treviso 13%. Varese 11%. I dati più significativi: Alessandria 32%. Cremona 24,6%. Vicenza
23,2%. Se è vero, quindi, che hanno accesso al patrimonio di case popolari di cui l’Italia si è dotata nel
corso del secolo scorso, è altresì vero che contribuiscono a creare ricchezza per gli italiani che
dispongono di un patrimonio abitativo.
Fonte: Scenari immobiliari
«Ci portano via le nostre donne»
Sono gli italiani che sposano le “loro” donne
Vediamo quanti stranieri sposano italiane, quanti italiani sposano straniere.
Nel 2006 si sono celebrati 245.992 matrimoni, il 9,8% sono misti (24.020).
La maggior parte, esattamente 19.029, riguarda un cittadino italiano che sposa una cittadina
straniera. L’80% dei casi.
Fonte: Comunità di Sant’Egidio, Immigrazione e sicurezza. Rapporto 2009.
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«Meno male che c’è la Lega»
Il fallimento delle “ronde di governo” è sotto gli occhi di tutti. Prima del decreto Maroni c’erano 68
ronde (di cui 17 in Lombardia, 10 in Veneto, 5 in Piemonte, Liguria, Emilia, Toscana), dopo il decreto
solo 6 di queste hanno chiesto di essere ‘regolarizzate’ (2 a Roma, 1 a Milano, 1 a Treviso). Molta
enfasi e poca sostanza: quasi nulla. L’attività della Lega, con l’indifferenza del Pdl, si è distinta per la
promulgazione di numerose ordinanze e delibere contro gli stranieri, a livello locale e regionale.
Quasi tutte le norme regionali sono state impugnate e bocciate dalla Corte Costituzionale, a
cominciare dalla legge contro i phone center in Lombardia, così come alcune norme riguardanti il
criterio di residenza per l’accesso ai servizi (casa e trasporti, ma anche bonus bebè).
In generale, numerose sentenze del Tar hanno invalidato ordinanze e delibere comunali
discriminatorie.
Nessuno conosce i risultati di simili iniziative, se non dal punto di vista della penalizzazione degli
stranieri, spesso imprenditori o liberi professionisti, che in molti casi si trovano costretti a chiudere.
Norme cattive, discriminatorie, strumentali, elettorali, poco concrete e nella stragrande maggioranza
dei casi del tutto inutili, che creano tensioni e, anziché risolvere i problemi, li rinnovano e li
rilanciano.
«Ci vogliono classi per soli stranieri»
Gli alunni stranieri sono nati in Italia e parlano italiano
Gli alunni figli di genitori stranieri, nell’anno scolastico 2008/2009, sono saliti a 628.937 su un totale di
8.943.796 iscritti, per un’incidenza del 7%. L’aumento annuale è stato di 54.800 unità, pari a circa il
10%; l’incidenza più elevata si registra nelle scuole elementari (8,3%).
Di questi studenti 1 ogni 6 è rumeno, 1 ogni 7 albanese e 1 ogni 8 marocchino, ma si rileva di fatto una
gran varietà di nazionalità. Gli alunni stranieri sono tali solo all’anagrafe, essendo in buona parte dei
casi nati in Italia e vissuti per tutta la loro vita con coetanei italiani: per costoro evidentemente la
lingua non è un problema. Quasi 4 su 10 (37%) sono nati in Italia, ma il rapporto sale a 7 su 10 (71,2%)
tra gli iscritti alla scuola dell’infanzia.
Le maestre non ricorrono a tetti o classi d’inserimento
Dal rapporto Ismu 2009 emerge che lo strumento al quale maestre e professoresse più ricorrono per
l’integrazione dell’alunno straniero è l’inserimento in classi a stretto contatto con i coetanei; viene
trascurato il ricorso a tetti per classi o al raggruppamento degli studenti di uno stesso paese. Invece,
si ricorre a strumenti specifici per l’accoglienza come protocolli, linee guida, commissioni
d’accoglienza e test d’ingresso: queste azioni si svolgono all’interno del normale corso scolastico.
Adozione di criteri specifici da parte degli insegnanti per l’inserimento nelle classi di alunni di
origine immigrata per area territoriale. Valori percentuali:
Nord-ovest Nord-est Centro Sud
e isole Totale
Si preferisce inserire l’alunno in classe con i coetanei 79,7 67,5 70,1 91,3 75,2
Si accolgono tutte le domande di iscrizione dell’anno 77,7 62,6 76,3 84,8 73,7
Rispetto delle linee guida per accoglienza e integrazione 72,3 82,1 50,6 47,8 67,4
È stata istituita una specifica commissione d’accoglienza 48,0 65,1 48,5 13,0 49,3
È stato predisposto un protocollo di accoglienza 48,6 64,2 33,0 15,2 45,8
Ci si avvale anche della collaborazione degli Enti locali 42,6 60,1 37,1 26,1 44,7
Sono previsti test di ingresso per definire la classe 40,5 43,9 33,0 34,8 39,1
La famiglia viene consultata nella scelta della classe 43,3 35,8 32,0 23,9 36,2
Ci si avvale anche della collaborazione del terzo settore 22,3 42,3 10,3 10,9 24,2
Si tende a raggruppare alunni di uno stesso paese 14,2 23,6 10,3 32,6 18,1
Stabilito un tetto massimo di alunni immigrati per classe 4,7 19,5 11,3 34,8 14,0
Gli ingressi di immigrati sono coordinati con altre scuole 8,8 12,2 17,5 8,7 11,8
Fonte: Censis 2008
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Ci vorrebbe più integrazione e sostegno nel corso degli studi
Nel percorso scolastico, s’incontrano differenze tra gli studenti immigrati e quelli italiani a causa di
problemi di ritardo, dispersione, insuccesso, specialmente nella scuola secondaria superiore.
Gli studenti immigrati sono promossi in misura sostanzialmente uguale nella scuola elementare, dove
i programmi d’inserimento sono più specifici e mirati (99,9% di studenti italiani contro il 96,4% di
stranieri), mentre le differenze si accentuano nella scuola media e superiore, dove sono pressoché
assenti programmi d’integrazione (nella media 97,3% contro il 90,5% e nella superiore l’86,4% contro il
72%). Tra primaria e secondaria, lo stesso trend si riscontra nel ritardo negli studi degli studenti
immigrati rispetto a quelli italiani: le difficoltà sono minime o molto basse nella scuola primaria e
crescono con il passaggio alle scuole secondarie.
Alunni in ritardo (in valori percentuali), per livello scolastico. A.s. 2007/2008
Ordine e grado di istruzione Italiani Non italiani
Primaria 1,8 21,1
Secondaria di I grado 6,8 51,7
Secondaria di II grado 24,4 71,8
Totale 11,6 42,5
Fonti
Elaborazioni su dati del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dossier Caritas 2009
Rapporto Ismu 2009
«Gli vogliono dare il voto perché votano tutti a sinistra»
Un’indagine Ismu-Orim della Regione Lombardia precisa che gli stranieri voterebbero in modo
molto diverso. Alcuni, soprattutto i neocomunitari (Europa dell’Est), voterebbero a destra, con
percentuali bulgare (e non è una battuta). Si distinguono per il voto a favore di forze conservatrici
soprattutto i rumeni (nel 64,2% dei casi voterebbero a destra). Così anche i cinesi (53,3%). A sinistra
guarda il ‘collegio’ Africa e le persone che provengono dall’America Latina. Lo stesso vale per le
religioni, che indicano un voto verso sinistra di induisti, musulmani e sikh, mentre a destra guardano
ortodossi, buddisti e copti.
L’Italia è al settimo posto in Europa per numero di concessioni della cittadinanza, proprio in
conseguenza di un impianto normativo restrittivo (Caritas).
Secondo un’indagine Ministero dell’Interno-Makno (2008), i cittadini italiani che si dichiarano
favorevoli alla cittadinanza dopo 5 anni erano il 51,8% nel 2007. Nel 2008 erano diventati il 59%. A
questi (favorevoli incondizionatamente) vanno aggiunti i favorevoli «purché le verifiche siano
effettive»: 11,5% nel 2007, 13,1% nel 2008. In totale il 72,1% degli italiani si diceva favorevole già più di
un anno fa alla concessione della cittadinanza dopo 5 anni.
Fonti
Ismu e Orim
Quindicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009, FrancoAngeli, Milano 2009, p. 165.
«Non si vogliono integrare»
Nella presentazione della proposta di legge Granata-Sarubbi, presentata il 30 luglio 2009, così si
legge: «Nel 2007, i nati di cittadinanza non italiana hanno superato quota 64.000, corrispondenti a
circa l’11,4 per cento del totale, con un incremento di quasi il 90 per cento rispetto alla situazione di
soli sei anni fa. Importanti sono anche le cifre riguardanti il mondo del lavoro (stranieri sono poco
meno del 10 per cento degli occupati), l’incidenza sul lavoro autonomo (165.000 nel 2007 sono stati i
titolari di impresa; 52.000 i soci e 86.000 le altre figure societarie) e di chi acquista casa (120.000 i
mutui accesi dagli stranieri). Tutti dati che dimostrano come la popolazione straniera tenda a
scegliere l’Italia come Paese di adozione.
Notiamo la differenza macroscopica tra questi Paesi: nel 2005, 19.266 stranieri hanno acquisito la
cittadinanza italiana; nello stesso periodo erano 154.827 in Francia, 117.241 in Germania e 48.860 in
Spagna. Utile è anche l’analisi delle cittadinanze concesse in Italia negli ultimi anni: un aumento
importante (dalle 10.645 nel 2002 alle 35.766 del 2006) ma che non raggiunge mai il livello degli altri
grandi Paesi europei di immigrazione.
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La proposta di legge poggia su due capisaldi: da un lato mira a fare sì che il minore nato in Italia da
un nucleo familiare stabile acquisisca i pari diritti dei coetanei con i quali affronta il percorso di
crescita e il ciclo scolastico; in tal modo si evita il crearsi di una «terra di mezzo», dove i bambini nati
da genitori non italiani crescano con un senso di estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il
futuro processo di integrazione e di inserimento sociali del minore. Questo si ottiene passando
dall’attuale principio dello «jus sanguinis» al principio dello «jus soli», temperato e condizionato dalla
stabilità del nucleo familiare in Italia o dalla partecipazione del minore a un ciclo scolasticoformativo.
L’altro caposaldo della presente proposta di legge prevede una svolta paradigmatica nella
concezione del meccanismo di attribuzione della cittadinanza in Italia, passando da un’ottica
«concessoria e quantitativa» a un’ottica «attiva e qualitativa». La cittadinanza deve diventare per lo
straniero adulto un processo certo, ricercato e formativo; il punto di arrivo di un percorso di
integrazione sociale, civile e culturale e il punto di partenza per il suo continuo approfondimento.
«Fermiamo gli sbarchi!»
Qualcuno le chiama «carrette del mare», altri, più volgarmente, i «barconi» (ricordate il famoso slogan
di Prosperini, assessore della giunta Formigoni: «Ciapa su ‘l camel, la barcheta e te turnet a ca»).
Eppure solo una piccola parte di immigrati arriva in Italia via mare: questa modalità costituisce un
canale di ingresso marginale sotto il profilo della dimensione e contribuisce in misura
comparativamente modesta e decrescente allo stock di immigrati irregolari presenti in Italia.
Dal 1998 al 2007, gli stranieri sbarcati sulle nostre coste variano da 13.000 a 50.000 a seconda
dell’anno. Rispetto ai principali indicatori, i clandestini sbarcati dalle «carrette del mare» non abbiano
mai superato il 15% del totale e spesso siano stati inferiori al 10%. La ragione della popolarità di
questa immagine risiede nella maggiore visibilità di tale modalità di ingresso regolare.
Pochi entrano eludendo i controlli di frontiera. La maggior parte degli immigrati viene in Italia con
visto turistico, attraverso un transito regolare dalle frontiere (in particolare orientali), molti, tra l’altro,
sono neocomunitari. È questa, e non quella dei clandestini, la componente più cospicua della
presenza straniera irregolare.
Fonte: Ministero dell’Interno, Rapporto criminalità 2007.
«Come fanno ad accettare di lavorare per pochi euro?»
A Rosarno gli immigrati che lavoravano nella raccolta degli agrumi percepivano 20 euro al giorno, di
cui 5 da restituire al caporale. La giornata di lavoro è di quattordici ore. La paga oraria, quindi, di un
euro o poco più. In alcuni Paesi del mondo, da cui questi individui provengono, la paga giornaliera,
per chi ha un lavoro, è di 2 dollari al giorno. Il cambio fatelo voi. E, almeno in questo caso, datevi
anche la risposta.
I dati presentati da Tito Boeri per la Fondazione Rodolfo Debenedetti (gennaio 2009) offrono alcuni
indicatori di sicuro interesse.
Il 40% di chi non ha il permesso di soggiorno guadagna meno di 5 euro l'ora, mentre tra i regolari la
percentuale scende al 10%. In queste condizioni, gli immigrati irregolari continuano a venire in Italia
perché trovano facilmente lavoro, anche senza permesso di soggiorno.
Le morti bianche aumentano tra gli stranieri (+8%) e calano tra gli italiani.
Gli infortuni: 3,9% tra gli italiani, 4,4% tra gli stranieri. Secondo il dossier Caritas/Migrantes, gli
infortuni occorsi agli stranieri sono il 16,4% del totale (ricordiamo che gli stranieri costituiscono il 7%
della forza lavoro).
Dei regolari, lavora l'88,2%, degli stranieri in attesa di permesso di soggiorno l'81,6%, degli irregolari
tout court il 65,8%. I cosiddetti 'clandestini', quindi, lavorano in quasi 4 casi su 5 e non sono
'criminali', ma lavoratori in nero.
«Aiutiamoli a casa loro»
Ecco cosa dice Bill Gates a proposito del protagonismo dell'Italia nei confronti degli aiuti ai Paesi
poveri: «Nella comunità internazionale c'è solo un paese che ha ridotto gli aiuti allo sviluppo e
questo è l'Italia. Io la chiamo la mia lista della vergogna, ma sono felice che in questa lista fino ad
ora ci sia solo un Paese. Se ci fossero dieci paesi, sarebbe grave».
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Percentuale aiuti su Pil
Svezia 0.99%
Norvegia 0,98%
Obiettivo Onu 0,7%
Media Paesi occidentali 0,45%
Spagna 0,43%
Svizzera 0,42%
Austria 0,42%
Germania 0,38%
Francia 0,38%
Portogallo 0,25%
Italia 0,21%
Usa 0,19%
Fonte: Gates Foundation.
16
Il presente prontuario è dedicato alla sciura Maria.
Da un’idea di Andrea Civati.
Hanno collaborato: Giuseppe Civati, Ilda Curti, Ernesto Ruffini, Roberto Tricarico.
Grazie a Alessandro Capriccioli e Francesca Terzoni.
È un’iniziativa de La «banda» larga – www.ibandalarga.it
La presente è la versione 1.1.